di ENNIO SIMEONE – Avvertiamo i nostri lettori che, a differenza di tanti altri organi di informazione (quasi tutti, ma non tutti per fortuna), ci rifiutiamo oggi (martedì 15 giugno) di avventurarci in valutazioni, giudizi, analisi complessive sul voto amministrativo che si è svolto domenica 12 giugno in un migliaio di comuni grandi e piccoli, sparsi su tutto il territorio nazionale, peraltro in concomitanza con i 5 referendum sulla Giustizia (anzi sarebbe il caso di dire “sulla magistratura”, se non fosse arbitraria questa attribuzione, benché nei promotori avesse questo precipuo obiettivo).
Ci rifiutiamo per tre ragioni:
1. per non incorrere nel rischio di usare un metro unico di valutazione per situazioni, dimensioni, realtà geografiche incomparabili tra loro e per parzialità di risultati, incompleti in attesa dell’esito dei ballottaggi che si svolgeranno domenica prossima;
2. per non incorrere nel rischio di confondere (come spesso artatamente fanno altri) i comportamenti diversi che gli elettori adottano quando vanno a votare per la scelta di amministratori locali e quando invece vanno alle urne per stabilire chi (e come) avrà il compito di gestire la politica nazionale;
3. per sottrarsi ai trucchi di coloro (giornali, televisioni, propagandisti d’ogni specie) che ignorano i primi due punti solo allo scopo di attribuire vittorie e sconfitte a sostegno, unicamente, delle proprie tesi (o dei propri desideri), mescolando presunte vittorie e presunte sconfitte a beneficio di alcuni imbonitori della politica.
Quindi avvertiamo i lettori di sottrarsi alla tentazione di attribuire – fatte salve alcune (poche) eccezioni – “vittorie” e “sconfitte”, “trionfi” e “fallimenti” di fronte a risultati che sono il frutto, in molti casi, di travasi di voti da un partito ad un altro della medesima coalizione, magari da parte di pezzi di elettorato pronti a compiere il percorso inverso tra una settimana o alla prossima consultazione elettorale, quando capiterà.
Guardarsi, dunque, dai politicanti, soprattutto quelli inclini alla migrazione opportunistica, dettata da convenienze più che da convinzioni e da presunti informatori in cerca magari soltanto di una poltroncina o di uno strapuntino in uno dei “salotti” televisivi o anche, semplicemente, di una comparsata tra un “Andiamo in pubblicità” e un “Tassativo”, che servono a conduttori e conduttrici, oltre che a garantire le entrate al padrone della tv, anche ad agevolare l’uscita di un ospite scomodo.
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