Sulla trattativa per il nuovo governo Conte anche la spina della presunta “questione settentrionale”. Nel “totoministri” si fanno strada le candidature femminili

di FRANCESCO MARIA PROVENZANO – 

All’orizzonte di M5s, del Pd e delle altre forze di centrosinistra che si impegnano a sostenere il nuovo governo presieduto da Giuseppe Conte si profila (in attesa della “benedizione” della “piattaforma Rousseau”) una tensione tra Centro-Nord e Centro-Sud, alimentata da alcuni mass-media e da alcuni politologi che stanno sollevando  una presunta “questione settentrionale” sulle autonomie regionali. Accusano il nascituro governo Conte sostenendo che i meridionali «si sono impadroniti del Paese occupando le principali posizioni di potere»: vedi quella di Capo dello Stato (il siciliano Mattarella), quella di capo del governo (il pugliese Conte) e così via.

E’ una tesi correttamente contestata da Francesco Cancellato, che riporta l’analisi su un terreno più serio: «L’antipolitica è morta. Ora però facciamo tornare la politica. Il governo giallorosso è la riscossa del Parlamento sul leaderismo, sul potere delle piazze, sulla democrazia dei sondaggi. Ora Pd e Cinque Stelle hanno una grande sfida di fronte: ridare centralità vera al Parlamento e ai partiti. Come? Col proporzionale e il finanziamento pubblico”. 

Altro terreno di temibili attriti è, come abbiamo già sottolineato nei giorni scorsi, il cosiddetto «totoministri». E’ un esercizio puramente  giornalistico, ma è significativo che stia evolvendo verso una maggiore attenzione per le candidature femminili come quelle di Luciana Lamorgese, prefetto di Milano, per gli Interno, di Anna Ascani del Pd per la Cultura, di Rossella Muroni, già vice presidente di Lega Ambiente, della sindacalista Teresa  Bellanova per il Lavoro, di Lucrezia Reichlin per l’Economia, di Giulia Grillo per la Salute e di Laura Castelli per lo Sviluppo Economico. 

Ma dovremo attendere ancora gli sviluppi delle trattative per vedere se e come i rumors prenderanno forma e consistenza. 

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