TRATTATIVE M5S-PD PER IL GOVERNO/ Cade la candidatura di Fico, che vuole rimanere presidente della Camera. Di Maio insiste su Conte a Palazzo Chigi

di ROMANO LUSI – «Se il M5s facesse il nome di Roberto Fico per la presidenza del Consiglio dei ministri sarebbe un ottimo punto di partenza»: così fonti del Pd commentavano ieri l’ipotesi – che perciò sembrava crescere nelle ultime ore – che il presidente della Camera, “grillino” della prima ora, venisse indicato al presidente della Repubblica come futuro capo di un governo M5s-Pd. L’idea era emersa in un vertice della maggioranza Pd;  concordi anche i renziani. Fonti interne al Pd, interpellate sulla posizione del segretario Zingaretti, affermavano che l’ipotesi di Fico (che sarebbe emersa “da ambienti M5S”), se si concretizzasse sarebbe un buon punto di partenza per la formazione di un governo giallo-rosso (o giallo-rosa, come lo ha più correttamente definito il direttore del “Fatto quotidiano”). Ma lo stesso Fico ha troncato il discorso poche ore più tardi, facendo divulgare una nota in cui si afferma che .l’esponente pentastellato intende continuare la sua esperienza di presidente di quel ramo del parlamento,

Intanto ieri il premier dimissionario Giuseppe Conte ha rotto un silenzio che durava da giorni per mettere il turbo all’alleanza fra Pd e Movimento Cinque stelle: “Per quanto mi riguarda, la stagione con la Lega è chiusa e non si riaprirà”. Il messaggio è chiaro: sono disponibile a un Conte bis, ma bisogna chiudere definitivamente la porta a Salvini. Il motivetto è piaciuto al Pd, che per tutta la giornata non ha ottenuto dal Movimento Cinque Stelle una risposta netta sulla fine dell’esperienza gialloverde. “Mi auguro non esista l’ipotesi del doppio forno”, ha ribadito il segretario Pd Nicola Zingaretti.

Il cerchio non è comunque chiuso. Perché Conte non vuole la Lega, ma il segretario Dem non vuole Conte, che viene invece sostenuto da Luigi Di Maio. Manca ancora la quadra ma il tentativo di accordo sembra prendere corpo. Eppure, la scadenza indicata dal Colle si avvicina. Il presidente Sergio Mattarella è stato netto: martedì vuole risposte chiare. E soprattutto vuole un nome per dare l’incarico. Poi potrebbe concedere un altro po’ di tempo per permettere all’incaricato di formare la squadra di governo. Ma le dichiarazioni ufficiali dei leader di partito sono tute viziate dal tatticismo. Il lavoro vero per trovare l’accordo prosegue sotto traccia. Difficile che salti tutto solo per un nome. Saranno giorni di rilanci, di richieste che servono anche a testare le intenzioni dell’avversario.

Anche i Cinque Stelle devono fare i conti al loro interno. La base ribolle, divisa tra chi vorrebbe andare al voto e chi punta ad un accordo con i Dem. Tanto che si avvicina l’ipotesi del voto su Rousseau. Secondo alcuni parlamentari pentastellati, se nascerà un governo giallorosso, l’accordo passerà al vaglio della consultazione online se il premier sarà di nuovo Giuseppe Comte. Senza di lui, il rischio di una bocciatura sarebbe altissimo. In tutto questo, Matteo Salvini ancora non ha perso le speranze: “Mai arrendersi, mai!”, ha scritto su twitter.

Il più sconsolato pare Silvio Berlusconi, che attribuisce alla coalizione Pd-Cinque Stelle “le idee della più vecchia, deteriore e fallimentare sinistra pauperista, statalista e assistenziale” e ricorda “i tanti danni che ha prodotto all’Italia” quella gialloverde.

Intanto, dalla corsa a Palazzo Chigi si è sfilata la vicepresidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia, tirata in ballo da alcune ricostruzioni giornalistiche: “Intendo portare a compimento l’incarico alla Corte costituzionale, che si concluderà nel settembre 2020”.

Contemporaneamente, il presidente del Consiglio dimissionario, Giuseppe Conte, ha rotto un silenzio che durava da giorni per mettere il turbo all’alleanza fra Pd e Movimento Cinque stelle: «Per quanto mi riguarda, la stagione con la Lega è chiusa e non si riaprirà». Questa affermazione, fatta mentre si trovava a Biarritz per la riunione del  G7, lascerebbe sottintendere una sua disponibilità a capeggiare un governo M5s-Pd, ma bisogna chiudere definitivamente la porta a Salvini. Il motivetto è piaciuto al Pd, che per tutta la giornata non ha ottenuto dal Movimento Cinque Stelle una risposta netta sulla fine dell’esperienza gialloverde. “Mi auguro non esista l’ipotesi del doppio forno” (con la Lega, ndr) , ha ribadito il segretario Pd Nicola Zingaretti.

Il cerchio non è comunque chiuso perché il segretario dem non vuole Conte, che viene invece sostenuto da Luigi Di Maio. Ma i tempi si stringono, il presidente Sergio Mattarella è stato netto: martedì vuole risposte chiare. E soprattutto vuole un nome per dare l’incarico. Poi potrebbe concedere un altro po’ di tempo per permettere all’incaricato di formare la squadra di governo. Ma le dichiarazioni ufficiali dei leader di partito sono tutte ancora viziate dal tatticismo e da manovre sotterranee nelle quali riappare con troppa frequenza un manovriero Renzi, che pericolosamente riporta a un clima fatto di equivoci, sospetti, manovre oscure, insinuazioni.

Il lavoro vero per trovare l’accordo prosegue comunque ancora sotto traccia, anche perché  i Cinque Stelle devono fare i conti al loro interno. La base ribolle, divisa tra chi vorrebbe andare al voto, chi punta ad un accordo con i Dem e chi non esclude di accogliere le lusinghe pericolose di Matteo Salvini, che continua ad indossare una nuova divisa: quella del lupo travestito da pecora, per spaccare il M5s. Tanto che si avvicina per i grillini l’ipotesi del voto sulla piattaforma Rousseau. E secondo alcuni parlamentari pentastellati, se nascerà un governo giallorosso, l’accordo dovrà passerà al vaglio di quella consultazione online, ma se il designato alla presidenza del Consiglio non sarà Conte il rischio di una bocciatura sarebbe alto.

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