Renzi a caccia di SI al referendum mandando valanghe di lettere agli italiani all’estero. Il comitato per il NO chiama in causa Mattarella e la magistratura

Renzi e il sìMatteo Renzi, colui che aveva annunciato di non voler personalizzare la campagna referendaria, ha inviato milioni di lettere agli italiani all’estero per chiedere di votare Si alla riforma costituzionale il 4 dicembre. A tale scopo ha prorogato anche i tempi per la registrazione della iscrizione al voto.

Il Coordinamento dei comitati per il No ha immediatamente chiesto un incontro urgente con il Presidente della Repubblica Mattarella e con il ministro Gentiloni per denunciare questo ennesimo atto di arroganza di Renzi, che si cela dietro la scusa di avere scritto e inviato la lettera in veste di segretario del Pd e non di capo del governo .

Beppe Grillo invita in un tweet i destinatari a cestinare la lettera,  mentre il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Renato Brunetta,  dichiara che l’iniziativa “è di una gravità inaudita, da Procura della Repubblica”.

Il capogruppo del Pd, Rosato, naturalmente, contesta queste reazioni affermando che non vi è neppure violazione della privacy, invitando gli oppositori sostenendo che “il Pd rispetta le leggi pubblicate nel 2014 sulla Gazzetta ufficiale”, quando Renzi aveva già conquistato Palazzo Chigi.

Il costo dell’operazione

Dell’iniziativa di Renzi e del Pd si occupa “Il Fatto quotidiano” , che spiega perché  il voto degli italiani all’estero non rispetta la Costituzione. Il Fatto si riferisce a quanto pubblicato venerdì a proposito di un documento riservato dell’ambasciatrice Cristina Ravaglia,  che alla Farnesina sorveglia le operazioni elettorali e le politiche migratorie.  E aggiunge che “il voto dei 4 milioni e 23 mila italiani all’estero, per aiutare Matteo Renzi a vincere il referendum, è diventato pure costoso: vale oltre 160 milioni di euro di finanziamenti. Come dimostra la legge di Bilancio che il governo ha farcito di generosi omaggi per i connazionali espatriati.

Il primo gesto di attenzione va rintracciato all’articolo 74 (commi 9 e 10) del testo all’esame della Camera: “È istituito, nello stato di previsione del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, un fondo da ripartire con una dotazione finanziaria di 20 milioni di euro (già lievitati a 25 con un emendamento) per l’anno 2017, di 30 milioni di euro per l’anno 2018 e di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020, per il potenziamento della promozione della cultura e della lingua italiane all’estero”. Il conto: 155 milioni in 4 anni. Chi gestisce il denaro? Il centro studi di Camera e Senato – spiega Il Fatto –  ha individuato i destinatari, che poi risultano essenziali per mobilitare gli elettori non residenti in Italia e avvalorare la narrazione di Palazzo Chigi: “La promozione della lingua e cultura italiana all’estero è affidata ad una rete estesa: 83 Istituti italiani di cultura (Iic), 135 istituzioni scolastiche italiane all’estero, 146 enti gestori e 176 lettori di ruolo. È una rete che arriva a coprire 250 città nel mondo”.

Per capire meglio l’ingarbugliata questione, che si riduce a un prosaico scambio di favori in vista del referendum, va introdotto nel racconto un deputato nominato nella circoscrizione America Meridionale per il Pd: si chiama Fabio Porta, classe ’63, nato a Caltagirone. In queste settimane lo scaltro Porta è in giro a procacciare voti per il Sì, a distribuire promesse, a rassicurare le associazioni. In settembre ha accompagnato il ministro Maria Elena Boschi in Uruguay, Argentina e Brasile. Non soddisfatto dei 155 milioni di euro stanziati per rianimare la cultura italiana, il deputato ha presentato un emendamento per reperire altri 4 milioni da spendere per la manutenzione degli immobili degli uffici diplomatici, per le attività di studio e, soprattutto, per “assistere le comunità di italiani residenti all’estero”.

“La legge di Bilancio – scrive ancora il Fatto quotidiano –  è un’alchimia contabile fragile: quello che metti di qua, lo devi togliere di là. E la dem Eleonora Cimbro, autrice di un’altra modifica, e lo stesso Porta hanno deciso di finanziare la propaganda referendaria col Fondo per le politiche sociali (ridotto di 9 milioni a 291 milioni totali). Non è finita. Perché Porta legifera anche su richiesta. Breve preambolo. Quando il voto degli italiani all’estero non serviva, per garantire gli 80 euro in busta paga, il governo ha sfoderato una tassa di 300 euro per la domanda di cittadinanza e poi ha aumentato le tariffe consolari (incluso per il visto di studio). A distanza di un paio di anni, gli italiani all’estero hanno lanciato una petizione popolare per chiedere al governo di sfruttare le risorse raccolte “per assumere nuovi addetti sia a contratto locale, sia di ruolo, anche con concorso interno”. Al circolo italiano di San Paolo in Brasile, venerdì 28 ottobre, c’era l’ubiquo Porta a trattare coi vertici brasiliani del Pd, che di recente hanno coinvolto nella vicenda Lotti, Boschi e Renzi. Il messaggio per l’esecutivo è limpido: “L’accoglimento di questa richiesta sicuramente favorirebbe – si legge in una nota ufficiale – una più ampia e convinta partecipazione degli italiani all’estero al referendum del 4 dicembre a sostegno del Sì”.

Con sensazionale efficienza, il provvedimento auspicato dai connazionali ha trovato ospitalità nella legge di Stabilità, articolo 61, commi 3 e 4: il governo trattiene 6 milioni di euro all’anno generati dalla tassa dei 300 euro e concede il gettito in eccesso – nel 2015 furono 4 milioni – “al funzionamento e alla razionalizzazione delle sedi all’estero del Ministero”. Il passaggio è molto anodino, non viene citato il lavoro assegnato al personale locale, cioè agli italiani all’estero che non appartengono alla filiera diplomatica.

Per fortuna, ci pensa Porta con un emendamento: “Priorità per la contrattualizzazione di personale locale da adibire, sotto le direttive e il controllo dei funzionari consolari, allo smaltimento dell’arretrato riguardante le pratiche di cittadinanza”.

Il giornale conclude con questa battuta: “Dopo il contratto con gli italiani, ecco il contratto con gli italiani all’estero”.

La denuncia alla magistratura del Comitato per il No

“Man mano che emergono i particolari e i contorni, la lettera inviata da Renzi agli elettori italiani all’estero pone problemi seri e preoccupanti. Il ricorso alla magistratura in tutte le sedi possibili è a questo punto inevitabile per cercare di ottenere giustizia e il ripristino della parità di condizioni in campagna elettorale”. Così il vice presidente del Comitato per il No, Alfiero Grandi, sulla lettera inviata dal presidente del consiglio agli italiani all’estero, annuncia che saranno compiuti passi legali. Secondo Grandi, inoltre, “stampare e inviare 4 milioni di lettere all’estero ha un costo rilevante: ci sono state entrate impreviste? O è intervenuto l’aiuto disinvolto di una qualche struttura pubblica?”. “Il ricorso alla magistratura in tutte le sedi possibili – conclude Grandi – è a questo punto inevitabile per cercare di ottenere giustizia e il ripristino della parità di condizioni per il sì e per il no in campagna elettorale”.

“Il ministro degli Interni dovrà spiegare perché ha usato due pesi e due misure”. Incalza Alfiero Grandi, vice presidente del Comitato per il No. Grandi ricorda infatti che il Comitato popolari per il No presieduto dall’on. Gargani aveva chiesto gli elenchi degli elettori italiani all’estero ricevendo solo i nomi senza indirizzi e/o mail: “Per questo il nostro Comitato per il No aveva deciso di non procedere con analoga richiesta. Ora scopriamo che il Presidente del Consiglio attraverso il Comitato per il sì ha ottenuto quello che al fronte del no è stato negato avendo così la possibilità di inviare la sua lettera-spot che fa esplicita propaganda per il sì”. “Qui c’è un problema serio” commenta Grandi secondo il quale “andrà accertato se questo non configura più reati concorrenti tanto più gravi perché avvenuti in campagna elettorale”.

“Domani presenteremo denuncia nei confronti di Renzi perché comprarsi gli indirizzi di 4 milioni di italiani all’estero per mandargli una letterina è un reato di cui dovrà rispondere davanti a qualche giudice. Vediamo se in un qualche tribunale c’è un giudice che ne ha voglia”. Lo ha confermato il segretario della Lega nord Matteo Salvini sul palco della manifestazione del Carroccio a Firenze per il no al referendum.

“E’ un’iniziativa assolutamente normale che ha tutta l’istituzionalità che giustifica l’intervento di un presidente del Consiglio che promuove il voto. Suscita uno scandalo giusto perché, a volte, la patina di ipocrisia è troppo spessa. C’è troppa ipocrisia”. Questa invece  la tesi del  ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che ne ha parlato  a Pescara, a margine di un incontro per il sì.”Sono stati regolarmente consegnati, su Cd, a tutti i richiedenti, gli unici dati sugli italiani all’estero di cui è in possesso il Ministero dell’Interno e cioè: nome e cognome, data e luogo di nascita, indirizzo estero di residenza dell’elettore e sede diplomatica di competenza”. Lo sottolinea in una nota l’ufficio stampa del Viminale precisando che “il Ministero non dispone né di mail né dei telefoni degli elettori all’estero”.

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