Quel taglio, nel PNRR, del finanziamento di 100mila nuovi asili rispetto allo stanziamento previsto dall’Europa

di SERGIO SIMEONE* – L’esultanza (giustificata) per l’approvazione della quarta trance del finanziamento del PNRR ha messo in ombra il taglio che ha subìto il piano di costruzione dei nuovi asili nido passato  dai 250.000 posti  previsti inizialmente ai 150.000  autorizzati dalla commissione europea.  Eppure si tratta del ridimensionamento drastico di uno degli obiettivi strategici del PNRR che va ad impattare su varie tematiche, tutte fondamentali per la crescita economica e civile del Paese: il miglioramento del processo formativo, il superamento del divario nord-sud,il superamento del gap di genere, la ripresa della crescita demografica.

1.  E’ da tempo tramontata la concezione degli asili nido e della scuola dell’infanzia come parcheggi in cui “intrattenere” i bambini che non possono essere accuditi dalla madre o da altri parenti (soprattutto nonne e zie). La psicopedagogia, quella scienza, a cui ha dato impulso decisivo lo svizzero Jean Piaget , che collega l’educazione alla psicologia dell’età evolutiva, ci ha spiegato che il bambino nei primi anni di vita sviluppa una serie di facoltà conoscitive emotive ed affettive che vanno stimolate da persone competenti. Pertanto quei bambini che iniziano la scuola elementare senza aver prima frequentato la scuola dell’infanzia iniziano il percorso formativo con un grave handicap rispetto ai loro compagni e di questo handicap risentiranno in tutte le tappe successive.

2.  La carenza di asili nido e di scuole dell’infanzia colpisce soprattutto il Mezzogiorno: secondo i dati forniti da una recente ricerca dello SVIMEZ, infatti, mentre in Umbria usufruisce di asili  nido il 36% dei bambini, in Campania ne usufruisce solo il 6,7%. Nessuna meraviglia, pertanto, se le prove INVALSI che misurano i livelli di apprendimento da parte degli studenti di alcune competenze fondamentali rilevano un forte divario a favore delle aree del nord rispetto a quelle del sud Italia.

3.  La carenza di scuole dell’infanzia è anche una delle ragioni (forse la principale) per cui molte donne rinunciano a cercare un lavoro o lo abbandonano, o, ancora, rimangono al lavoro ma rinunciano a fare carriera perché troppo assorbite dall’accudimento della prole. Ma ci sono anche quelle che fanno la scelta inversa: scelgono di lavorare e di fare carriera e perciò decidono di rinunciare a fare figli, contribuendo a quell’inverno demografico da cui il nostro Paese non riesce ad uscire.

Il governo Meloni, dopo il taglio inferto al progetto PNRR per le scuole dell’infanzia, si è impegnato a trovare altre fonti di finanziamento per raggiungere gli obiettivi che si era prefisso. Noi ci auguriamo che la ricerca abbia buon esito. Intanto facciamo notare che per essere coerente con questi buoni propositi la presidente Meloni dovrebbe bloccare  quella autonomia differenziata verso la quale la stanno spingendo Salvini e Calderoli: se verranno trasferite alle regioni del nord la competenza sulla scuola e le relative risorse, il divario territoriale anziché restringersi continuerà a crescere.

*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato anche dirigente del sindacato Scuola della Cgil

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