Polemica e replica sul baciamano al boss latitante arrestato

La scena, ripresa dalle telecamere, del baciamano fatto da un vicino al boss Giuseppe Giorgi, latitante da 23 anni, mentre viene trasferito in carcere dai carabinieri, ha provocato reazioni e polemiche. Il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho, pur deplorando l’episodio, tenta di smorzarne la portata, mettendo in luce il risvolto positivo.   “È ignobile – dice all’Ansa –  ma non è certo né condivisione né tantomeno segno di debolezza dello Stato, che anzi, in questa occasione, ha dato una straordinaria dimostrazione di forza”.  “I carabinieri che si abbracciano felici come bambini dopo l’arresto – ha aggiunto – sono la parte più bella di uno Stato efficiente in grado di catturare un latitante”.
Il realtà Giuseppe Giorgi – come è accaduto in passato per altri boss calabresi – era sfuggito alla cattura per 23 anni facendo il latitante… a domicilio, benché il suo nome fosse stato inserito nell’elenco dei 5 ricercati più pericolosi d’Italia. Non si era mai allontanato dal suo “feudo” mentre polizia e carabinieri lo cercavano dappertutto, meno che a casa sua.

Comunque la latitanza di Giuseppe Giorgi, 56 anni, detto “u capra“, ritenuto elemento di vertice della cosca Romeo, alias “Staccu“, si è conclusa stamani: si trovava in uno stretto rifugio ricavato nel camino di casa sua, a San Luca, un paese nella zona ionica della provincia di Reggio Calabria. I carabinieri sono riusciti ad individuare il nascondiglio costringendolo alla resa.

Salutando alcuni parenti, uno di questi gli ha preso la mano banciandola. Una scena cui ha fatto da contraltare l’esultanza degli uomini dello Stato, quei carabinieri che da anni cercavano di individuare le mosse del latitante e che, a cattura avvenuta, al rientro in caserma, hanno dato libero sfogo alla propria gioia lanciando le braccia al cielo ed abbracciandosi tra loro.

Giorgi deve scontare un cumulo pena di 28 anni e 9 mesi di reclusione per associazione mafiosa finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Sposato con la figlia di Sebastiano Romeo, capo dell’omonima “famiglia” ‘ndranghetista, deceduto alcuni anni fa per cause naturali, Giorgi era noto per la sua abilità nel traffico internazionale di cocaina.

Il suo arresto, coinciso con la festa della Repubblica, è stato salutato con soddisfazione dal ministro dell’Interno Marco Minniti che si è congratulato con il comandante generale dell’Arma Tullio Del Sette. “E’ un grandissimo successo investigativo – ha detto – che conferma il quotidiano impegno sul fronte della criminalità organizzata delle Forze di Polizia e della Magistratura”.

I carabinieri del reparto operativo di Reggio Calabria, già da giorni si erano convinti che Giorgi fosse nascosto proprio a casa sua. Nella serata di ieri, avuti ulteriori elementi che sono andati a rafforzare la loro ipotesi, gli investigatori hanno deciso di entrare in azione. E così, nel cuore della notte, l’edificio è stato circondato e nell’appartamento della famiglia hanno fatto irruzione i carabinieri del reparto operativo insieme a quelli del Gruppo di Locri e dello Squadrone Cacciatori Calabria. I militari, dopo alcune ore, hanno cominciato a rompere alcune pareti, convinti che dietro quei muri si celasse un nascondiglio. All’inizio è venuta alla luce una busta contenente banconote di grosso taglio per un valore di 156 mila euro. Poi, da dietro una parete, i carabinieri hanno sentito la voce di Giorgi. Sono stati gli stessi militari ad aiutarlo ad uscire, visto che il sofisticato meccanismo di accesso al rifugio, si era bloccato. Una volta al cospetto di chi lo cercava da anni, l’ormai ex latitante si è congratulato con loro: “Bravi, mi avete preso“. Poi, rivolto alle figlie di 26 e 24 anni che erano in casa, ha aggiunto con rassegnazione: “Si sapeva che prima o poi doveva finire”.

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