PERISCOPIO/ Riflessioni sulla comunicazione durante una passeggiata romana

di NUCCIO FAVA –  Incontro un vecchio collega, all’estero per molti anni, provato, più che dagli anni, dall’improvvisa morte della moglie. L’appuntamento è a Campo dei Fiori, come al solito sotto la statua di Giordano Bruno. Procedo a piedi da Trastevere girando a sinistra dopo il ministero di Grazia e Giustizia, rappresentazione simbolica di tutti i pasticci italiani, dai referendum alla prescrizione. Ho incontrato per via tantissime foglie e le solite buche dei sanpietrini divelti. Non mi sento di tirare in ballo ancora una volta la sindaca Raggi, anche se in altre città meno importanti di Roma si vedono in azione specie di grandi aspirapolvere che in breve ripuliscono strade e marciapiedi.

Il mio amico è appena arrivato e non sa trattenersi: ”Siete sempre in ritardo” e io, di rimando,  “voi americani ci avete ammollato Trump”. Solo battute iniziali come ai vecchi tempi. Per il resto si entra subito in trattoria. E si ricorda Roma e serate di anni addietro. Lui sceglie l’amatriciana io l’abbacchio al forno. Si scivola subito sul tennis e sull’open  di Australia che appassionano entrambi. Un primo passaggio però è sulle devastazioni degli incendi australiani in gran parte dolosi e un singolare cartello esposto da due ragazze che annunciano una singolare riffa: 100 dollari al migliore servizio della partita da destinare però a una famiglia colpita dal disastro dei fuochi, oppure a una famiglia ferita nell’assalto contro l’Iran.

Il discorso si allarga e l’amico considera non corretta la televisione che sottolinea più volte il cartello issato dalle ragazze, che finisce a suo avviso per fare propaganda politica e chiedere allo spettatore di schierarsi. Personalmente ritengo  eccessiva la sua obiezione, anche se  interessante e capace di sottolineare un tema e un evento che divide magari gli animi e le opinioni. Replica che forse questo non sarebbe avvenuto nella Rai di Bernabei, che era preferibile all’attuale. Aggiungo che non parlerei mai criticando Bernabei per la Rai di cui si occupòsino al ‘75 e che fra l’altro mi permise di partecipare al concorso nazionale del 1967/68 con cui entrai al Tg1.

Bisogna soprattutto valutare i mutamenti intercorsi da allora quando c’era solo la Rai, non ancora Berlusconi e Mentana a Mediaset e incominciavano appena a proliferare le tv commerciali locali, nuova grande fonte di informazione sui territori. E quando un servizio da New York di Ruggero Orlando doveva essere preparato un giorno prima e raggiungere la sede di via Teulada a Roma il giorno successivo per la messa in onda. Si annunciavano veloci innovazioni tecnologiche che la Rai non riusciva ad utilizzare efficacemente nonostante la bravura dei suoi tecnici e del centro di ricerca di Torino, come per l’alta definizione . Quando già cominciava a bastare un cellulare per collegarsi dai luoghi della guerra del golfo e Giovanna Botteri  e Lilly Gruber si contendevano il primato delle notizie su Saddam Hussein. Più che mai la velocità diventava ancella del comunicare specie dai luoghi più lontani , aggravati da guerre e povertà che esasperavano ancora di più la distanza tra ricchi e poveri .

Contemporaneamente si ampliava e cresceva a dismisura lo spazio della pubblicità e i tentativi sempre più frequenti di inquinare le consultazioni elettorali, gli uni contro gli altri fino ad invadere la stessa vita privata delle persone. È responsabilità della politica e degli stessi organismi internazionali vigilare affinché non si intacchino libertà individuale  e la democrazia, norma fondamentale di ogni tempo per potersi esprimere e comunicare ed evitare il rischio del pensiero unico che ha già compiuto passi da gigante.

Con l’amico ci lasciamo d’accordo ma per nulla rassicurati sul futuro della comunicazione, sui suoi rischi ed ambiguità, specie  se manca una forte motivazione morale e la consapevolezza della responsabilità verso la comunità.

 

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