OSSERVATORIO AMERICANO/ La eventuale maggioranza dei democratici in Senato farà cessare l’ostruzionismo a Washington?

Domenico Maceridi DOMENICO MACERI* – Merrick Garland fu nominato dal presidente Barack Obama alla  Corte Suprema il sedici marzo di quest’anno e sta ancora aspettando che venga confermato dal Senato. La conferma di un giudice non è mai andata oltre 125 giorni e solitamente richiede solo due mesi, spesso di meno. Nel caso di Garland già 170 giorni sono passati, ma il Senato, dominato dai repubblicani, non ha nessuna intenzione di discutere il caso ed eventualmente votare se confermare o no la nomina. La leadership repubblicana ha motivato la sua stasi dicendo che, data l’elezione presidenziale in corso, bisogna aspettare il nuovo inquilino alla Casa Bianca per sostituire il giudice Antonin Scalia, deceduto il 13 febbraio del 2016.
I repubblicani hanno fatto dell’ostruzionismo ad Obama un’arte ma forse il loro potere finirà con l’elezione di novembre. Oltre al nuovo presidente, gli americani avranno il compito di eleggere 435 parlamentari e 34 senatori. Ventiquattro di questi seggi  al Senato in ballo a novembre sono occupati da repubblicani e dieci da democratici. Tredici dei seggi occupati dai repubblicani sono considerati suscettibili di cambiamento mentre i dieci democratici sono considerati sicuri per i senatori in carica. Al momento i repubblicani hanno la maggioranza al Senato (54 a 46) quindi i democratici dovrebbero ribaltarne cinque per riconquistare il potere.  Nel caso di una presidenza democratica solo quattro sarebbero necessari perché il vicepresidente presiede il Senato ed ha diritto di voto.
Due di questi seggi al Senato per i democratici potrebbero arrivare da Wisconsin e Indiana. Nel primo, l’ex senatore Russ Feingold, ha buone possibilità di riconquistare il suo seggio al Senato che occupò per due mandati dal 1998 al 2010. Per il terzo mandato fu sconfitto da Ray Johnson, suo attuale avversario, ma i sondaggi attuali ci dicono che Feingold è avanti di parecchi punti.
Anche nell’Indiana un ex senatore, Evan Bayh, in Senato dal 1999 al 2011, ha un  vantaggio di 16 punti sul suo avversario, il parlamentare repubblicano Todd Young. Young sta cercando di mantenere il seggio nella colonna repubblicana rimpiazzando Dan Coats, il quale ha deciso di non correre per la rielezione.
Inoltre la Pennsylvania è uno stato promettente per i democratici: qui Katie McGinty sta dando filo da torcere al repubblicano Pat Toomey, l’attuale senatore. A dare man forte alla McGinty è la popolarità di Hillary Clinton in Pennsylvania che ha 8 punti di vantaggio su Donald Trump e quindi potrebbe trascinarla alla vittoria.
Lo Stato dell’Illinois al momento appare anche terreno fertile per i democratici. L’attuale senatore Mark Kirk, repubblicano, si trova indietro nei sondaggi, e sembra che i suoi sostenitori finanziari fuori dello Stato non abbiano interesse ad aprire i loro portafogli.
Anche John McCain in Arizona, già candidato presidenziale nel 2008 ed eventualmente sconfitto da Obama, si trova in una situazione difficile. Il numero degli elettori latinos continua a crescere e l’impopolarità di Trump e Joe Arpaio, lo sheriff della Contea di Maricopa, ambedue  falchi contro gli immigrati non autorizzati, potrebbero rappresentare la carta vincente. In tal caso la parlamentare Ann Kirkpatrick porrebbe fine alla carriera di McCain che sta completando il quarto mandato al Senato.
Parecchi altri Stati, come l’Iowa, il Nevada, il New Hampshire, e l’Ohio offrono opportunità ai democratici. In buona parte molto dipenderà dai rispettivi portabandiera alla presidenza dei due partiti il cui successo potrebbe trascinare i candidati al Senato alla vittoria. In questo senso i democratici hanno più possibilità dato che trattandosi di un’elezione presidenziale il flusso ai seggi sarà forte rappresentando uno svantaggio per i repubblicani che hanno più successo quando meno gente si presenta alle urne.
Prevedendo una sconfitta di Trump, i fratelli Charles e David Koch, miliardari e ingenti finanziatori di cause repubblicane, hanno deciso di staccarsi dal magnate di New York per supportare candidati alla Camera e al Senato. La US Chamber of Commerce sta facendo la stessa cosa supportando candidati repubblicani in  New Hampshire, Pennsylvania, Ohio e Arizona.
Comunque vada, gli analisti credono che la Camera resterà in mani repubblicane e anche con una vittoria presidenziale e un’eventuale maggioranza al Senato Hillary Clinton non avrà vita facile. Anche quando il partito del  presidente Obama aveva la maggioranza in ambedue le Camere nel periodo fra il 2008 e 2010 i repubblicani al Senato hanno fatto buon uso del filibuster per limitare, anche se non completamente, l’agenda legislativa della Casa Bianca. Nel caso di una vittoria di Trump i democratici farebbero anche loro  ostruzionismo. Il controllo della Casa Bianca e  del Senato nelle mani del Partito Democratico farebbe però sorridere Merrick Garland e altri candidati ad eventuali nomine per la Corte Suprema.

*Domenico Maceri, docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com)

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