OSSERVATORIO AMERICANO/ Immigrazione: La Corte Suprema  e la temporanea vittoria repubblicana

Domenico Maceridi DOMENICO MACERI* – “Sono profondamente addolorata per i cinque milioni di persone che in questo Paese aspettavano ansiosamente la decisione”. Ecco come Hillary Clinton ha reagito alla recente decisione della Corte Suprema sul DAPA (Deferred Action on Parents of Americans), l’ordine esecutivo del presidente Barack Obama per liberare dallo spettro della deportazione i genitori  con  figli cittadini americani o con permesso di residenza legale. La causa aveva raggiunto la Corte Suprema dopo che dei tribunali statali e federali avevano bloccato l’ordine esecutivo di Obama. La decisione  della Corte Suprema (non-decisione) 4 a 4 non ha ribaltato il giudizio dei tribunali di grado inferiore, mettendo in pericolo circa cinque milioni di potenziali beneficiari, potenzialmente dividendo le famiglie.

DAPA era un successivo ordine esecutivo a DACA (Deferred Action for Childhood Arrivals), che aveva eliminato il pericolo della deportazione per 700mila giovani  portati negli Stati Uniti dai loro genitori senza documenti legali. Questi giovani sono stati in America fin da bambini e la maggior parte di loro non conosce nessun altro Paese, tranne gli Stati Uniti. In effetti questi giovani sono americani a tutti gli effetti, tranne che per la mancanza di documenti legali.
Quasi tutti in America sono d’accordo che il sistema di immigrazione è sfasciato nonostante la mancanza di un comune accordo per risolvere la situazione. Una legge bipartisan era stata approvata dal Senato  nel 2013, ma l’allora speaker della Camera, John Boehner, ha rifiutato di permettere il voto. Obama, frustrato dall’ostruzione del GOP, ha cercato altre soluzioni, usando i suoi poteri esecutivi. DACA è stato il primo di questi, emesso nel 2012. DAPA lo ha seguito nel 2014. Il secondo ordine toccava i genitori, offrendo loro un soggiorno temporaneo e alcune opportunità per uscire alla luce del sole senza temere la deportazione.
L’ostruzionismo repubblicano  alla riforma dell’immigrazione ha una lunga storia ed è stato anche parte del piano di Mitt Romney, candidato repubblicano nel 2012, il quale ha sostenuto che gli 11 milioni di immigrati irregolari dovrebbero abbandonare il Paese volontariamente. Nella campagna presidenziale attuale la retorica è diventata più spinta. Marco Rubio, che aveva votato in Senato per la riforma sull’immigrazione nel 2013, è stato costretto ad allontanarsi dopo essere stato attaccato da Ted Cruz e Donald Trump, i quali lo hanno etichettato di “debole” e  di sostenere “l’amnistia” per gli immigrati irregolari.
Trump, tuttavia, è il “cavaliere” nella linea dura sull’immigrazione. Oltre alle sue osservazioni razziste che gli immigrati messicani sono stupratori, il magnate di New York ha promesso di deportare gli 11 milioni di immigrati irregolari e per terminare il flusso costruirebbe un muro lungo il confine meridionale.
L’attuale posizione del GOP sull’immigrazione è in netto contrasto con un’epoca precedente della politica repubblicana. Nel 1986 il presidente Ronald Reagan ha firmato una legge che ha permesso a quasi 3 milioni di immigrati non autorizzati di ottenere la residenza legale e eventualmente la cittadinanza. I leader repubblicani attuali sembrano aver dimenticato questo evento come se Reagan non fosse stato un membro del loro partito.
La recente decisione della Corte Suprema sul DAPA avrebbe potuto essere diversa se l’ostruzionismo del GOP non avesse bloccato la nomina di Obama di Merrick Garland alla Corte Suprema. La morte di Antonin Scalia, all’inizio di quest’anno, ha dato a Obama l’opportunità di fare pendere la Corte a sinistra  ma il Senato repubblicano  ha rifiutato di tenere le udienze e l’eventuale voto su Garland, riducendo i nove giudici a otto, quattro dei quali storicamente votano a destra e gli altri quattro a sinistra.
La “vittoria” GOP nel caso del 4 a 4 su DAPA, paradossalmente, potrebbe rivelarsi una vittoria di Pirro perché ha incoraggiato gli  elettori latinos a votare contro Trump a causa della sua aspra retorica, aggiungendo un altro motivo per presentarsi alle urne a novembre. Risolvere la situazione  sull’immigrazione non solo richiede un presidente democratico, ma anche il controllo sia della Camera sia del Senato.
Questo scenario è improbabile. Hillary Clinton ha sostenuto che preferisce  l’azione legislativa per la riforma dell’immigrazione. Tuttavia, ha anche affermato che se il Congresso non collaborasse, lei andrebbe al di là delle direttive del presidente Obama. Ciò inevitabilmente  condurrebbe a sfide  legali che potrebbero finire alla Corte Suprema.
L’elezione presidenziale è estremamente importante per un sacco di ragioni, non solo per gli americani ma per il mondo intero. Una di queste ragioni è rappresentata da possibili posti vacanti nella Corte Suprema. Vincere la Casa Bianca determinerà l’equilibrio della Corte Suprema per molti decenni. A questo proposito, i democratici, con la loro visione moderata sull’immigrazione, sembrano essere in una posizione migliore rispetto ai repubblicani.

*Domenico Maceri Docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com)

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