OSSERVATORIO AMERICANO/ di D. Maceri/ Perché la credibilità di Trump è scesa sotto il 40 per cento

di DOMENICO MACERI* – È tipico che durante la campagna elettorale i candidati facciano promesse che poi una volta eletti non mantengono o riescono a mettere in pratica solo in parte. Donald Trump è atipico per il fatto che cambia opinione dimenticando quello che aveva detto in passato. La sua credibilità dopo l’elezione viene però esaminata più severamente perché le sue parole adesso vengono accompagnate da fatti dovendo fare i conti con i freni imposti da altri legislatori ma anche dai giudici.

Subito dopo avere licenziato James Comey, direttore della Fbi, Trump ha rivelato che aveva preso la decisione da solo senza basarla sulla raccomandazione di Rod Rosenstein, vice procuratore generale. I suoi portavoce, invece, avevano spiegato la questione dicendo che il presidente aveva agito seguendo le indicazioni di Jeff Sessions, procuratore generale, e di Rosenstein. Trump ha dunque messo in dubbio la credibilità dei suoi collaboratori, i quali dovranno pensare in futuro se le informazioni che gli dà il suo capo saranno affidabili. Allo stesso tempo gli stessi dubbi emergeranno nella mente dei giornalisti ma anche dei cittadini americani.

Ci si aspetterebbe che quando il presidente degli Stati Uniti parla dica la verità perché le sua parole hanno un forte peso anche per il resto del mondo. Trump non sembra avere capito che le sue asserzioni improvvisate possono causare problemi per altri ma anche per lui. Nel suo recente incontro con funzionari russi alla Casa Bianca il 45° presidente Usa ha rivelato delle informazioni segrete che lui ha spiegato servirebbero a rafforzare l’alleanza con i russi per combattere l’Isis. Il problema però è che Trump ha incrinato la sua credibilità con gli alleati che condividono informazioni segrete con gli americani dato che non sanno quanto queste informazioni segrete, raccolte con grandi sforzi e spesso con agenti che rischiano la vita, potranno essere protette. I più colpiti da queste rivelazioni di Trump sono stati gli israeliani perché il loro paese era quello che aveva fornito queste informazioni all’intelligence americana. Trump da parte sua nel suo viaggio in Israele ha reiterato la sua soffiata, giustificandosi con la motivazione che non aveva mai fatto il nome di Israele. Paradossalmente, questo suo annuncio ha confermato quanto era stato rivelato dalla stampa.

Durante la campagna elettorale Trump aveva usato parole molto dure verso l’Islam dicendo in un’occasione che “l’Islam ci odia”. Per non parlare del suo bando verso tutti i musulmani, annunciato  nella campagna elettorale ma poi ridotto nel suo ordine esecutivo solo a sei Paesi  musulmani. Nel suo recente discorso in Arabia Saudita, però, Trump ha cambiato rotta sottolineando i valori in comune, accusando tuttavia l’Iran di essere responsabile per una buona parte dell’instabilità nel Medio Oriente. Trump aveva scelto così di intromettersi nella lunga divisione fra sciiti e sunniti senza però pronunciare nessuna parola di scusa per le sue frasi estremiste ed offensive verso l’Islam pronunciate in campagna elettorale.

Qual è il vero Trump  sull’Islam? Quello dell’anno scorso o quello di adesso? Il Trump della campagna elettorale aveva detto che tutti gli americani avrebbero avuto la copertura sanitaria. Il disegno di legge sulla sanità, approvato dalla Camera poche settimane fa  e etichettato Trumpcare, continua a demolire la credibilità del 45° presidente. L’analisi imparziale del Congressional Budget Office ci ha informato che 23 milioni di americani perderebbero la copertura sanitaria se il Senato dovesse confermare la proposta della Camera. I più colpiti sarebbero i poveri considerando i duemila miliardi di tagli al Medicaid, la sanità per i meno abbienti.

L’annuncio del bilancio della Casa Bianca ricalca questi attacchi ai poveri con tagli molto profondi. Il presidente del Senato Mitch McConnell ha promesso di ignorare in gran parte la proposta di Trump. È paradossale che la riduzione sulla sanità e i tagli ai programmi per i poveri colpirebbero in grande misura la classe operaia, dalla quale sono arrivati molti voti per Trump.

I suoi fedelissimi  non lo abbandoneranno, ma i più recenti sondaggi indicano  che meno del 40 per cento degli americani approva l’operato di Trump. Nel frattempo l’ombra del Russiagate continua a farsi più nera. Trump ha affidato la difesa della propria reputazione al suo avvocato di fiducia Marc Kasowitz mentre Jared Kushner, suo genero nonché uno dei suoi consiglieri più fidati, è la persona su cui l’Fbi concentra le sue indagini.

*Domenico Maceri è docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com)

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