OSSERVATORIO AMERICANO/ di D. Maceri/ Abbiamo un fake president?

di DOMENICO MACERI*

“Abbiamo qualcosa in comune” ha dichiarato Donald Trump mentre cercava di rispondere con umorismo a un giornalista a proposito delle sue accuse che Barack Obama aveva spiato nono solo lui ma anche Angela Merkel. Il 45° presidente degli Stati Uniti ha continuato spiegando che il giornalista non dovrebbe chiedere a lui ma rivolgersi alla Fox News. “Tutto ciò che abbiamo fatto è citare una talentuosa  mente legale” della rete di Rupert Murdoch.

L’attuale inquilino della Casa Bianca non aveva prove sulle presunte intercettazioni e quindi scaricava la responsabilità sulla sua dubbia fonte, Fox News. Come si sa, la rete di Rupert Murdoch non gode di grandissima fama quanto credibilità giornalistica, etichettata dalle malelingue come “Faux News” (Notizie False). Ciononostante, in questo caso specifico, la mente legale responsabile, l’ex giudice Andrew Napolitano, collaboratore di Fox News, è stato sospeso dai dirigenti della rete televisiva. Napolitano aveva citato gli 007 inglesi come responsabili delle intercettazioni a Trump Tower sostenendo che Fox News aveva le prove. Napolitano è stato smentito ufficialmente dall’anchorman Shepard Smith, il quale ha dichiarato che “Fox News non poteva confermare  le asserzioni di Napolitano fatte nel  corso del programma Fox and Friends”.

La smentita più clamorosa però è stata presentata da James Comey, direttore della Fbi, nell’audizione davanti alla commissione intelligence del Congresso. Comey ha detto che  non esistono prove “che supportino” il tweet del presidente sulle presunte intercettazioni, spiegando che nemmeno il presidente degli Stati Uniti può ordinare intercettazioni di cittadini americani. Per potere intercettare qualcuno i servizi segreti devono ottenere l’autorizzazione di un giudice al quale devono motivarne la necessità. Comey ha anche spiegato che il Dipartimento di Giustizia lo ha autorizzato a annunciare che la sua agenzia sta indagando su  possibili legami fra la campagna di Donald Trump e un possibile coordinamento con la Russia.

Anche in questo secondo caso Trump aveva detto che il cosiddetto “Russiagate” è una “fake news”, notizie false propagate dai media liberal, irritati per  la sconfitta elettorale di Hillary Clinton. Trump asserisce che nulla di illecito esiste fra la sua campagna elettorale e i russi ma anche qui i fatti sembrano contraddirlo, anche se l’inchiesta della Fbi, iniziata nel mese di luglio dell’anno scorso, non verrà conclusa prima di parecchi mesi. Ciononostante, Paul Manafort, manager della campagna politica di Trump fino al mese di agosto 2016, si era dovuto dimettere per i suoi legami finanziari poco chiari con funzionari filorussi in Ucraina. Adesso altre informazioni sono venute a galla secondo cui Manafort avrebbe ricevuto pagamenti dubbi dall’ex presidente ucraino, attualmente residente in Russia, ma ricercato dal suo Paese per corruzione. Si ricordano anche i contatti di Michael Flynn con la Russia che lo hanno costretto a dimettersi dal suo incarico di National Security Advisor. Jeff Sessions, il procuratore generale, si è dovuto anche lui ricusare da inchieste aventi a che fare con la Russia per i sospetti di non avere rivelato contatti con rappresentanti russi durante la campagna elettorale.
Trump ignora questi eventi  ma evidentemente la Fbi e le commissioni al Congresso e al Senato sulla intelligence hanno preso un’altra strada. Nel caso del Russiagate, Trump non avrà detto falsità ma, com’è tipico per lui, tutto va alla perfezione. Sorprende però che uno come lui, che in campagna elettorale ha attaccato chiunque non sia stato “gentile” con lui, non abbia mai detto nulla di negativo nei riguardi di Putin e della Russia. Infatti, ha preso le difese di Putin in un’intervista  con Bill O’Reilly della Fox News asserendo che se Putin è un killer “ci sono molti killer nel mondo e che il nostro paese non è poi così innocente”.

Ma al di là delle conclusioni della Fbi che non conosceremo  per parecchio tempo disturba l’atteggiamento casuale del 45esimo presidente e il suo rapporto con la verità. Quando l’inquilino della Casa Bianca parla si dovrebbe avere fiducia che le sue parole riflettono la verità. Nel caso di Trump però le sue asserzioni casuali non fanno altro che ispirare dubbi come ha dimostrato l’Fbi sulle accuse di Trump di essere stato spiato. Considerando tutte le risorse a disposizione, il presidente degli Stati Uniti potrebbe incaricare le agenzie di intelligence che lavorano per lui di investigare per sapere se veramente è stato spiato.

Parlando a ruota libera costringe gli americani a dubitare di quello che dice il loro presidente. In quali occasioni gli si può credere e in quali no? Che cosa pensano i nostri alleati delle sue asserzioni prese da fonti di notizie poco credibili? Durante la campagna elettorale Trump ne ha sparate di grosse ma i suoi sostenitori lo hanno perdonato considerandole retorica politica. Adesso da presidente le parole vengono esaminate e giudicate più severamente, date le possibili conseguenze per il Paese e per il mondo. Se Trump continua su questa strada rischia di trasformarsi in un “fake president”, come ha suggerito il Wall Street Journal in un recente editoriale.

*Domenico Maceri è docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com)

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