OSSERVATORIO AMERICANO/ Continuano le defezioni di esponenti repubblicani tra i sostenitori di Trump

Domenico Maceridi DOMENICO MACERI* – Tutta la famiglia Bush si è assentata dalla convention repubblicana il mese scorso non potendo digerire Donald Trump come portabandiera del loro partito. Adesso, però, George Prescott Bush, figlio di Jeb Bush, nipote di due ex presidenti (il nonno George H. W. e lo zio George W.), ha nuotato controcorrente offrendo il suo endorsement a Donald Trump. Il quarantenne Bush, attuale land commissioner nello Stato del Texas, ha ignorato la dura campagna del padre contro il magnate di New York, come pure gli insulti ai messicani annunciati da Trump durante le primarie. Come si sa, la madre di George P. Bush è nata in Messico e lui parla spagnolo abbastanza bene.

Le motivazioni dell’endorsement sono poco chiare, ma ufficialmente George P. Bush vuole che tutti i candidati repubblicani abbiano successo alle prossime elezioni, incluso il  vincitore della nomination presidenziale. Si crede però che l’endorsement sia dovuto alle sue future ambizioni politiche ed è per questo che ha scelto di anteporre il partito al giudizio personale sostenendo che Trump è adatto alla presidenza degli Stati Uniti.
Non così molti leader repubblicani, i quali continuano a ingrossare le fine dei riluttanti nel supportare il magnate di New York alla conquista della Casa Bianca. Oltre alla maggioranza dei Bush, governatori, senatori, parlamentari ed altri leader del Gop si sono allontanati da Trump vedendolo non solo come incapace di coprire il ruolo di commander-in-chief ma anche come falso portabandiera del loro partito.
Le più recenti dichiarazioni di allontanamento da Trump sono state annunciate dalla senatrice Susan Collins del Maine, la quale ha definito completamente inaccettabili le derisioni di un giornalista disabile, i suoi attacchi a un giudice di origini messicane e il suo attacco ai genitori di un soldato americano di origini musulmane.
Anche il senatore Ted Cruz del Texas, sconfitto da Trump alle primarie, si è rifiutato di dare il suo endorsement alla convention repubblicana invitando i delegati e tutti gli elettori a votare “secondo coscienza”. Il senatore Mark Kirk dello Stato dell’Illinois aveva inizialmente offerto il suo endorsement a Trump, ma recentemente ha cambiato idea. Il senatore John McCain dell’Arizona non ha tolto il suo endorsement ma la sua assenza della convention è la prova che lo fa di malavoglia. McCain ha però criticato duramente l’attacco di Trump alla famiglia del soldato musulmano morto in Iraq.
Fra i governatori più noti a non offrire a Trump l’endorsement spicca John Kasich dell’Ohio, Stato in cui si è tenuta la convention repubblicana il mese scorso. Kasich,  sconfitto da Trump alle primarie, non si è nemmeno presentato alla convention, dichiarando in un’intervista qualche settimana fa che non poteva appoggiare il portabandiera del suo partito.
Parecchi parlamentari repubblicani come  Charlie Dent della Pennsylvania e Richard Hanna dello Stato di New York hanno anche loro rifiutato l’endorsement. Inoltre luminari del Partito di Trump come Mitt Romney, portabandiera del Gop nel 2012, Meg Whitman, ex amministratore delegato di Hewlett-Packard e Tom Ridge, il primo segretario del Homeland Security nominato subito dopo l’undici settembre, hanno anche loro preso le distanze da Trump.
L’idea di Trump come commander-in-chief ha preoccupato anche 50  veterani del National Security Council in amministrazioni repubblicane, i quali hanno firmato una lettera in cui si sostiene  l’incapacità di Trump nel ruolo di presidente.
L’opposizione a Trump non si traduce necessariamente in endorsement a Hillary Clinton ma alcuni  come Meg Whitman  e Michael Bloomberg, ex sindaco della Grande Mela, hanno fatto il passo “estremo” di abbracciare la candidata democratica.
Nel frattempo Trump, consigliato dai suoi fedelissimi, ha fatto un discorso sull’economia cercando di spostarsi al “centro” per calmare le preoccupazioni del suo partito. Non è durato molto perché un giorno dopo in un comizio ha dichiarato che Hillary Clinton vuole abolire il secondo emendamento. Se eletta, ha continuato, non ci sarà nulla da fare  ma forse “i sostenitori del secondo emendamento” potranno fermare la Clinton.
La frase è stata interpretata come incitamento alla violenza contro la candidata democratica. Alcuni hanno cercato di spiegare umoristicamente l’ennesima infelice asserzione di Trump.  Nulla di comico per il servizio segreto americano che si è riunito con membri della campagna di Trump per fare chiarimenti e forse suggerire di fare attenzione con le sue parole.
Un recentissimo sondaggio della Fox News piazza  Trump indietro di quasi dieci punti (39-49) a livello nazionale, cifre riflesse anche negli Stati in bilico.  Inoltre solo il 37 per cento degli americani crede che Trump abbia il temperamento necessario per la presidenza comparato al 64 per cento di Hillary Clinton. Quante altre sparate dovrà fare Trump per essere scaricato da tutti i repubblicani?

*Domenico Maceri docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com) 

1 Commento

  1. Trump è stato scaricato dai repubblicani che non hanno seguito, né dentro, né fuori dal partito.
    Al contrario, Trump ha dimostrato di avere largo seguito all’interno del partito ed ora occorre stare ad aspettare di vedere quale seguito ha nel Paese.

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