Occhio ai trabocchetti in cui potremmo incappare nel quesito del referendum costituzionale

di ENNIO SIMEONE – Attenzione! Il quesito che troveremo sulla scheda del referendum costituzionale di ottobre – se nel frattempo non interverranno correttivi – contiene un trabocchetto, o, meglio, almeno tre affermazioni ingannevoli che sono nel titolo stesso della legge e potrebbero indurre ad un giudizio pericolosamente favorevole.

Ecco il testo, approvato dalla Cassazione:  «Approvate il testo della legge costituzionale concernente disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?».

Prima affermazione ingannevole: il superamento del bicameralismo paritario. In realtà il bicameralismo non viene abolito, ma solo modificato, in peggio. Cioè il Senato non viene affatto abolito, la modifica consiste nel fatto che la elezione dei senatori viene sottratta al voto degli elettori, che non potranno più scegliere loro, direttamente, i candidati da mandare a Palazzo Madama. Li sceglieranno i consigli regionali tra i loro membri e tra alcuni sindaci. E con due aggravanti: 1. che i prescelti godranno della immunità parlamentare; 2. che la durata del loro mandato non coinciderà tra loro, perché i consigli regionali hanno scadenze e calendari diversi in conseguenza di scioglimenti anticipati per crisi politiche locali o per motivi giudiziari. Un pasticcio senza precedenti e senza eguali in altri paesi europei.

Seconda affermazione ingannevole: la riduzione del numero dei parlamentari. E’ una riduzione minimale, cioè solo di 200 senatori contro gli attuali 320, rispetto alle proposte alternative, che prevedevano l’abolizione completa del Senato (e quindi tutti i 320 membri) e fino al dimezzamento del numero dei deputati, cioè 315 contro gli attuali 630: in totale si sarebbe potuto attuare un taglio di 515 parlamentari, cioè oltre il doppio di quelli previsti dalla riforma.

Terza affermazione ingannevole.  Il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni. Cosa, questa, assolutamente generica e non suffragata da alcuna dimostrazione: si tratta di una affermazione collegata solo alla soppressione del Cnel (Consiglio nazionale di economia e lavoro), infima voce di spesa nel bilancio statale.

Ma c’è una quarta affermazione – che non appare nel quesito referendario, ma viene usata come “cavallo di battaglia” nella propaganda dei sostenitori di questa riforma – e riguarda l’accorciamento dei tempi per l’approvazione delle leggi, che il parlamento  non sarebbe più costretto ad approvare nelle due Camere nell’identico testo. E’ una vera e propria bugia, smentita dal fatto che l’Italia è il paese dove si producono e approvano, da sempre, più leggi che in tutti gli altri paesi dove esiste un solo ramo del parlamento, e smentita anche dal fatto che vi sono leggi approvate in sole tre settimane quando le maggioranze (di qualunque colore politico) aveva fretta di approvarle.

A tutto ciò va aggiunto che la riforma costituzionale oggetto di referendum viaggia in parallelo con la nuova legge elettorale “Italicum”, imposta dall’attuale maggioranza, persino peggiorativa della legge elettorale “Porcellum” dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale. E’ una legge che assegna al partito che vince il ballottaggio contro il secondo classificato il 55% dei seggi della Camera dei deputati,  che è l’unica a votare la fiducia al governo. E, attenzione, al ballottaggio possono andare anche due partiti che hanno ottenuto il 25% dell’elettorato; il che vuol dire che un partito che gode della fiducia di un quarto di coloro che vanno a votare (al massimo il 60% degli aventi diritto), cioè il 15% degli italiani, conquista la maggioranza assoluta della Camera, che sarà formata in grandissima parte di persone scelte dal capo del partito vincente, che diventa un vero e proprio dittatore. Nemmeno la legge Acerbo, che consegnò l’Italia a Mussolini e al fascismo, arrivava fino a questo punto.

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