Nuovo documento sull’uccisione dei due ostaggi italiani in Libia. E si parla di un riscatto bruciato

Tripoli“Piazza Pulita”, il programma de La7 condotto da Corrado Formigli, ha trasmesso ieri sera  un documento esclusivo da Sabrata, in Libia, che getta nuova luce sul giallo degli ostaggi italiani Fausto Piano e Salvatore Failla uccisi in circostanze ancora tutte da chiarire. Dal reportage emerge che i due tecnici della Bonatti sono stati uccisi (come sembra aver confermato anche l’autopsia compiuta sulle salme, arrivate finalmente ieri notte in Italia – foto) in un conflitto a fuoco mentre venivano trasferiti dai sequestratori in altra località, mentre gli altri due loro compagni di sventura, Pollicardo e Calcagno, venivano abbandonati nel locale dal quale erano usciti forzando una porta.

Sembra che le auto su cui i sequestratori  viaggiavano alla ricerca di un nuovo nascondiglio, portando con loro Failla e Piano, siano state intercettate dai miliziani della città di Sabrata, e, prima che questi iniziassero a sparare, i malviventi che li tenevano in ostaggio abbiano dato dì fuoco alle vetture, in una delle quali si trovava una grossa somma di danaro, presumibilmente il riscatto che era stato pagato (cosa sempre negata dal ministro Gentiloni) per la loro liberazione e anche per quella di Pollicardo e Calcagno. Motivo: impedire che i soldi finissero nelle mani dei miliziani. Ciò significherebbe che un riscatto è stato pagato, anche se ciò non è servito a salvare la vita di tutti e 4 gli ostaggi.

Ieri inoltre la vedova di Failla ha fatto ascoltare la registrazione della telefonata ricevuta dalla prigionia da suo marito il 13 ottobre scorso in un giorno in cui diceva di essere solo nel luogo dove era tenuto prigioniero, che era disperato e bisognoso di farmaci e di cure, e la implorava di chiedere aiuto a tutti: autorità governative e mezzi comunicazione. La donna racconta di essere stata invitata da personale governativo a stare tranquilla e addirittura a non rispondere se fossero arrivate altre telefonate di quel genere perché erano pilotate dai sequestratori. Ecco perché, ora, sia lei sia la figlia sono piene di rabbia verso lo Stato e verso coloro che in suo nome hanno mal gestito i tentativi di liberare suo marito.

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