di NUCCIO FAVA – Un risveglio terribile con l’esecuzione di mafia di mattina come nel “Giorno della civetta” di Leonardo Sciascia. Ma tutto è diverso. E’ il centro di Milano, non un paese dell’interno della Sicilia assolata e senza speranza, con questioni di corna che si intrecciano con vendite di vigneti e affari mediocri per la compravendita di lupini e legumi. Questa di Milano è criminalità d’alto bordo con radicati legami al sud ma ormai insediata stabilmente in tutto il nord.
L’assassino di Sciascia spara con la lupara nascosto dietro a un muro e in fuga a piedi. I due killer milanesi invece, nascosti da enormi caschi a bordo di una potente moto, con calma e sicurezza si avvicinano allo sportello dell’automobile e scaricano le pistole automatiche sul viso del guidatore. La vittima non ha documenti, facile preda per un tranquillo agguato criminale. Pare ci fosse di mezzo un giro non indifferente di droga, partite e conti non regolati che richiedono maniere forti e brutali fino alla morte per essere efficaci e rendere chiaro ad altri pretendenti che in quel campo non si scherza e ci va di mezzo la stessa esistenza.
E’ il dramma brutale della nuova criminalità rappresentato con realismo da cinema e televisione anche se la vita reale avrebbe diritto ad essere diversa. Specie quanto a contrasto da parte dello Stato, che appare – se non impotente (sarebbe superficiale sostenerlo) –
non all’altezza della gravità della sfida. Che tocca in modo sconvolgente fasce sempre più vaste di gioventù con famiglia, scuola, parrocchie e associazionismo vario, impreparati e-o impotenti .
Singolare l’atteggiamento del vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno di fronte a queste vicende, totalmente assorbito dalla Flat tax e dall’ossessione migranti, povere persone in balia del mare, dei capricci dei loro governi e dei voltafaccia dei governi dei paesi ai quali rivolgono le loro speranze.
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