Marino ritira le dimissioni da sindaco di Roma e sfida il vertice Pd al confronto in Consiglio comunale. 7 assessori lasciano

ignazio marino giuntaRedazione –

Ignazio Marino ha deciso di sfidare l’ostracismo decretato nei suoi confronti dal Pd renziano, compiendo la scelta più giusta: ritiro delle dimissioni e confronto davanti al Consiglio comunale, con tutte le forze politiche che vi sono rappresentate, su ciò che ha fatto in questi due anni, su ciò che non gli è stato consentito di fare, e anche sui suoi errori. Per tutta risposta Renzi, servendosi come braccio armato (si fa per dire) di Matteo Orfini, presidente del partito nazionale e commissario del partito romano, ha fatto annunciare le dimissioni di 7 assessori e l’intenzione dei  19 consiglieri Pd di abbandonare il seggio consiliare.

“Ritengo che ci sia un luogo sacro per la democrazia che è l’aula del consiglio comunale – ha detto Marino – e io sono pronto a confrontarmi con la mia maggioranza per illustrare quanto fatto: le cose positive, gli errori e la visione per il futuro”. “Alla presidente del consiglio Comunale Valeria Baglio esprimerò la mia intenzione di avere una discussione aperta, franca e trasparente nell’aula Giulio Cesare”, ha detto ancora Marino, anticipando la sua richiesta di convocazione dell’aula.

I primi a rassegnare le dimissioni dalla Giunta sono stati l’assessore ai Trasporti Stefano Esposito (nominato a luglio: durante la sua permanenza in carica si sono avute ben 5 interruzioni delle linee della metropolitana con enormi disagi per la popolazione) e il vicesindaco Marco Causi, designato da Renzi per affiancare Marino.  Altro dimissionario l’assessore alla Scuola  Marco Rossi Doria. A chiamarsi fuori è stato poi l’assessore alla Legalità, Alfonso Sabella: “Torno a fare il magistrato”, ha detto. Succesivamente altri tre: Pucci (Lavori pubblici), Marinelli (Cultura) e Di Liegro (Turismo).

Sel vuole un dibattito aperto nell’Aula del Campidoglio. Lo afferma il segretario romano di Sinistra, Ecologia e Libertà, Paolo Cento, che precisa: “I nostri consiglieri non si dimettono”. “Adesso aspettiamo che Marino venga in Consiglio, faccia la sua proposta e spieghi le ragioni per cui ha ritirato le dimissioni. Ascolteremo il sindaco e e valuteremo”, aggiunge Cento. Poi il messaggio al Pd: “Sono incomprensibili le ragioni per cui non si voglia fare il dibattito pubblico” prima di invocare le dimissioni.

Ecco l’attuale composizione dell’Assemblea Capitolina

La (ex) maggioranza: 28 consiglieri così suddivisi

19 del Pd

5 della Lista Civica per Marino

4 di Sel

L’opposizione : 20 consiglieri così suddivisi

4 del Movimento 5 Stelle

2 di Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale

1 della lista Cittadini per Roma (l’ex sindaco Gianni Alemanno)

2 della lista Marchini

1 del Popolo delle Libertà

3 di Forza Italia

2 di Alleanza popolare nazionale

1 del Centro democratico

4 del Gruppo misto

CHE COSA PUO’ ACCADERE ADESSO

Con il ritiro delle dimissioni di Marino si è fermato il conto alla rovescia per lo scioglimento del Consiglio comunale.  La presidenza del consiglio comunale a questo punto trasmette la missiva del sindaco al segretariato generale del Campidoglio e il segretario generale, a sua volta, alla Prefettura.

CONVOCAZIONE AULA –  Marino intanto ha chiesto alla presidente del consiglio comunale, Valeria Baglio,  di convocare l’assemblea capitolina per un confronto con gli eletti. Sul tavolo della Baglio, da giorni, c’è già una richiesta di convocazione firmata da consiglieri dell’opposizione per affrontare la crisi politica, ma non ha ancora convocato la capigruppo per fissare la seduta.

DIMISSIONI 25 CONSIGLIERI – Ora che Marino ha annunciato di voler resistere fino alla fine, il Pd si prepara alle dimissioni di massa. Una strada che potrebbe aggirare il passaggio in Aula che tanto impensierisce il partito di Renzi. Per determinare la decadenza di sindaco e giunta serve che si dimettano contestualmente almeno 25 consiglieri in assemblea capitolina (il Pd ne ha 19), cioè la metà più uno. I 25 eletti in questione devono consegnare contestualmente le proprie dimissioni al segretariato generale del Campidoglio, o recandovisi di persona o con delega autenticata da un pubblico ufficiale.

MOZIONE SFIDUCIA – La seconda opzione in campo per far cadere il sindaco è la sfiducia. Il Pd dovrebbe presentare in Assemblea Capitolina una mozione di sfiducia, o appoggiare analoga richiesta di altro gruppo. Una soluzione giudicata politicamente inopportuna ma anche impervia perché farebbe slittare i tempi: la mozione (che deve essere sottoscritta da almeno 2/5 dei consiglieri) infatti dovrebbe essere discussa non prima di dieci giorni dalla consegna e non oltre i trenta.

ARRIVA IL COMMISSARIO – Tutte e due queste circostanze – se viene approvata la mozione di sfiducia in Aula o se si dimettono 25 consiglieri – fanno decadere il sindaco, la giunta e il consiglio. Gli organi restano in carica con poteri di ordinaria amministrazione fino alla nomina di un commissario. Il commissario prefettizio, che può guidare la Capitale per 90 giorni, deve essere nominato dal prefetto di Roma. Entro i 90 giorni il Governo, attraverso il ministro degli Interni, proporrà al presidente della Repubblica la nomina del commissario straordinario che guiderà la Capitale fino alle elezioni di primavera. E’ plausibile che il commissario prefettizio venga successivamente confermato  nel ruolo di commissario straordinario per la preparazione delle elezioni.

ELEZIONI A PRIMAVERA – Poi la prima finestra utile per andare al voto, in base alla Legge 120 sulle elezioni negli enti locali del 1999, è quella della prossima primavera. Il voto si potrebbe tenere in una domenica tra il 15 aprile e il 15 giugno 2016.

Commenta per primo

Lascia un commento