Lo sciopero dei magistrati contro la riforma Cartabia: partecipazione al 48%, ma anche molti tra coloro che sono andati al lavoro dicono di condividerne le motivazioni

Solo la metà  (per l’esattezza il 48%) dei magistrati italiani ha aderito allo sciopero nazionale proclamato dall’Anm contro la riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm, che porta la firma della ministra della Giustizia, Marta Cartabia (foto), come emerge  dai dati ufficiali diffusi questa sera dal sindacato delle toghe.

Il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, ha rilevato come “nei piccoli tribunali, dove ci sono magistrati molto giovani, i dati di adesione sono elevatissimi”: un segnale, ha osservato Santalucia, “che mostra che i magistrati più giovani avvertono di più il pericolo di questo mutamento del modello di magistrato” con la riforma al vaglio del Parlamento. Lo sciopero dei magistrati in tutta Italia torna dopo 12 anni, quattro giorni prima della discussione e il voto sulla riforma della giustizia di venerdì al Senato.

Non è un mettersi di traverso alle riforme, perché siamo perfettamente consapevoli che la giustizia deve migliorare la sua resa di servizio, ma vorremmo una buona riforma“, ha detto Santalucia al Gr1. “Lo abbiamo fatto di lunedì quando i calendari di udienza non sono intensi e per recare il minor disagio possibile. Noi scioperiamo oggi perché ci sono i tempi per intervenire correggendo alcune storture di questo disegno di legge“.

La partecipazione al voto comunque è stata abbastanza diversa tra una regione e l’altra: inferiore al 40% l’adesione a  Milano; tra i distretti di Corte d’Appello quello con la più alta percentuale di adesione è stato Bologna, con il 73%, mentre l’adesione più bassa (il 23%) si è registrata tra i magistrati della Corte di Cassazione. È quanto emerge dai dati ufficiali diffusi dall’Anm. A Palermo la metà dei giudici ha aderito allo sciopero. La riforma tradisce i fini, noi non siamo contrari alla riforma ma a questa riforma Cartabia. Sia chiaro“, dice la Presidente dell’Anm distrettuale, Maltese, affermando di non sentire “alcuna solidarietà” da “parte della società civile, dei cittadini comuni”. “Forse aggiunge –  la giudice Maltese – è un problema di comunicazione, di informazione”. “Noi stiamo facendo questo sciopero nella prospettiva che inizi un confronto, ma un confronto vero, con il legislatore. Ovviamente non dipende solo da noi”. L’Anm di Palermo sta pensando a organizzare una “assemblea a cui invitare l’avvocatura, la stampa, i cittadini”. “Dobbiamo continuare a parlare della riforma perché così come è non funziona”.

In una nota della giunta dell’Anm di Roma e del Lazio si afferma che la riforma dell’ordinamento giudiziario in corso di approvazione in Parlamento “non migliorerà affatto la qualità e la funzionalità del servizio”. E’stata organizzata un’assemblea, nella sede della Corte d’Appello: tra i relatori, i giudici Emanuela Attura e Valerio Savio, il pm Eugenio Albamonte, segretario di Area, e il presidente della Camera Penale di Roma, Vincenzo Comi.

In tribunale a Roma tanti, pur contestando la riforma, hanno deciso di non astenersi dal lavoro: “Partecipiamo allo sciopero come forma di protesta ma riteniamo di non poterci astenere dallo svolgere la nostra funzione – si legge su una nota affissa sulla porta della Sesta sezione penale – per tanto manifestiamo la nostra adesione continuando a lavorare, ma chiediamo oggi che vengano ascoltate le nostre ragioni”.

Gerarchizzare gli uffici giudiziari, eliminare il pluralismo nella rappresentanza della magistratura, separare e isolare il pubblico ministero, incentivare la competizione ed il carrierismo, introdurre una visione del processo penale come una gara in cui si vince o si perde: non è di questo che hanno bisogno i cittadini, ma di una magistratura capace di offrire risposte competenti e indipendenti, capace di dire di no alle pressioni del più forte, indifferente alle aspettative della politica o dell’opinione pubblica. Non il timore per la propria carriera o l’aspettativa di vantaggi per il proprio futuro deve animare chi giudica”, si afferma in un documento dei magistrati romani.

Procuratore di Agrigento: “Sciopero, ma sono in ufficio”

“I magistrati scioperano solo quando viene messo a rischio il sistema costituzionale, come in questo caso, e perché ritengono sia necessario far sapere ai cittadini che hanno il diritto a pretendere un processo e un sistema Giustizia di qualità, non schiacciato su logiche aziendalistiche di meri numeri, né intimidito da una giungla di direttive verticistiche e di illeciti disciplinari. I magistrati scioperano per essere ascoltati”. Lo ha detto il Procuratore facente funzione di Agrigento Salvatore Vella . “Io sono comunque in ufficio – dice – a lavorare e fare ciò che è urgente fare”.

Procuratore Ielo: “Giudizio negativo sulla riforma, ma lo sciopero è inutile”

”Il mio giudizio sul disegno di legge delega per la riforma dell’ordine giudiziario è pesantemente negativo, perché ispirato ad una logica punitiva della magistratura in tutte le sue articolazioni, come tale inidoneo a migliorare il servizio giustizia”. Così il procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo. Aderisco all’Anm, dunque non condivido le posizioni di quanti prendono in egual misura le distanze dal disegno di legge e dall’associazione nazionale magistrati, anche se, in questo caso e in questo momento, dissento – spiega il procuratore aggiunto di Roma – dall’utilizzazione dello sciopero come forma di protesta, perché inutile e inopportuna”.

Ermini: “Preferisco il dialogo”

“Io non l’avrei fatto, ma nel momento in cui è stato fatto speriamo porti dei frutti”, ma “la riforma bisogna chiuderla in qualche modo”. Lo ha detto il vicepresidente del Csm, David Ermini, vicepresidente del Csm, a proposito dello sciopero indetto oggi dall’Associazione nazionale dei magistrati contro la riforma Cartabia, parlando con i giornalisti a margine di un evento a Bagno a Ripoli (Firenze). “Lo sciopero è stato indetto, è legittimo farlo, però preferisco sempre il dialogo, e spero che quelle discussioni che ci sono state possano essere in qualche modo ricondotte a far sì che la riforma venga approvata”, ha aggiunto Ermini.

Le ragioni dello sciopero. “Sì allo sciopero come gesto di solidarietà collettiva, come atto di coraggio in nome degli ideali in cui crediamo”, perché “questa riforma mette in discussione lo spirito del titolo IV della Costituzione, replicando per i tribunali gli errori di gerarchizzazione già commessi per le procure e confinando giudici e pubblici ministeri in due mondi separati e non comunicanti”, aveva scritto nei giorni scorsi la Giunta del sindacato delle toghe in un documento, nel quale si sottolineava, “nel rispetto delle sensibilità di ciascuno”, il “dovere di unità”.

Anm: “Non scioperiamo per protestare, ma per essere ascoltati, non scioperiamo contro le riforme, ma per far comprendere, dal nostro punto di vista, di quali riforme della magistratura il Paese ha veramente bisogno”. “La riforma in discussione al Parlamento non accorcerà di un giorno la durata dei processi, ma cambierà radicalmente la figura del magistrato, in contrasto con quello che prevede la Costituzione”.

Serve una riforma che attui veramente l’articolo 107 della Costituzione, secondo il quale i magistrati si distinguono fra loro soltanto per le funzioni e che affermi chiaramente che non devono esistere carriere in magistratura“: il Paese – evidenzia ancora l’assemblea Anm nel suo documento,- “ha bisogno di magistrati che vengano valutati per la qualità del loro lavoro, e non soltanto per la quantità, di magistrati che si concentrino solo sulle decisioni che devono prendere, non sugli adempimenti burocratici e nemmeno sulle loro carriere, di magistrati liberi di giudicare serenamente, seguendo solo la loro coscienza, non di giudici impauriti delle ripercussioni personali delle loro decisioni“.

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