PERISCOPIO/ Le risposte che non sono venute da Berlino

Nuccio-Fava-545x384di NUCCIO FAVA

Non c’è stato nessuno scontro, come si temeva alla vigilia, clima cordiale come durante una visita per un piacevole week and nell’affascinante Berlino. Questa sì una grande capitale con presenze di ogni genere. Anche tanti Italiani, non solo studenti, ricercatori e architetti.

Avevo visitato ancora ragazzo Berlino, invitato ad un seminario – organizzato da “Giovane Europa” – dedicato ai paesi del socialismo reale. Veniva spesso a trovarci Willy Brandt, allora borgomastro di Berlino. Avrebbe ricevuto il Nobel per la pace nel 1971 dopo aver compiuto un gesto storico inginocchiandosi di fronte ai forni crematori nazisti e divenendo anche, per la prima volta, cancelliere socialdemocratico della Repubblica Federale Tedesca. In noi, europeisti in erba, la sua sola presenza suscitava fascino e intelligenza, apertura e curiosità per le nostre domande. Berlino era allora divisa in quattro zone: le quattro potenze vincitrici. Non c’era ancora quell’osceno muro e noi giovani stranieri potevamo attraversare liberamente la porta di Brandeburgo. Era un percorso piacevole e conveniente, anche perché potevamo scambiare marchi – la moneta tedesca prima dell’Euro – di contrabbando: erano di facile reperibilità nel collegio che ci ospitava al cambio di quattro\cinque marchi della Germania Est contro uno della Germania di Bon.

Se penso alla strada compiuta rispetto ad allora e con l’Italia in pieno boom, si resta sbalorditi per l’incapacità attuale nell’affrontare i gravi problemi che non trovano risposta. Prevale il ripiegamento sugli interessi nazionali, le suggestioni di uscire dall’Euro, l’emergere sempre più preoccupante  dei populismi e della demagogia che fanno breccia crescente anche in Germania e in Italia. È in crisi la capacità politica di guardare con slancio ideale e visione più adeguata agli interessi veri dei popoli europei, la cui salvezza non può risiedere certo in chiusure egoistiche e nemmeno nella chiusura delle frontiere, con l’innalzamento di muri e di filo spinato.

Sta qui la grande sfida per l’Europa. Ne discende una grande responsabilità per Germania e Italia che devono sentire come dovere culturale ed etico non meno che politico, il compito storico di rilanciare UE. Superare la crisi economica e sociale, il dramma epocale delle migrazioni e della disoccupazione giovanile, dando slancio e idealità rinnovati e una grande speranza ai popoli dell’Europa che sentono, non a torto, le istituzioni europee e le loro politiche distanti e non comprensibili.

A noi pare che questo debba considerarsi lo sfondo potenzialmente più fruttuoso e impegnativo per Italia e Germania.

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