DOMENICO MACERI/ La Corte suprema pende a sinistra? No, il voto su Obamacare bilanciato da quello sulle nozze gay

Domenico Maceridi DOMENICO MACERI*/

“Si è dimostrato un giudice super politico, divenendo il correttore di bozze di Nancy Pelosi”. Con queste parole il Wall Street Journal commentava la recente decisione di John Roberts di allearsi con l’ala liberal della Corte Suprema per il suo voto a favore di Obamacare. Roberts ha giustificato il suo voto spiegando che, nonostante alcune ambiguità, Obamacare è una legge valida quando interpretata correttamente nel suo contesto.
Roberts è però ritornato alle sue radici nell’altra recente decisione sulle nozze gay, votando con la minoranza conservatrice della Corte. In un certo senso, però,  il contrasto fra le due decisioni tende a confermare l’obiettività di Roberts, il quale si sta rivelando uno dei due voti in bilico fra i nove giudici della Corte Suprema.
Sia come sia, i giudici della “minoranza” liberal della Corte Suprema sembrano avere vinto le due contese più significative di quest’anno. Lo hanno fatto rimanendo compatti, confermando lo spirito con cui  i presidenti democratici li avevano nominati.  Inbvece, nel caso dei  cinque giudici nominati da presidenti repubblicani  si è vista una divisione, anche se Antonin Scalia, Clarence Thomas e Joseph Alito non hanno tradito le aspettative.
La divisione dei giudici di destra è sfociata anche nei loro dissensi, che hanno sminuito la dignità che ci si aspetta da tutti i giudici e specialmente dalla Corte Suprema. Antonin Scalia, per esempio, nel caso di Obamacare ha accusato il collega Roberts di “salti mortali giudiziari” che hanno condotto la Corte Suprema a “favorire alcuni gruppi a scapito di altri”. Per Scalia la decisione (voto 6-3) ha danneggiato la reputazione della Corte e la sua “onesta giurisprudenza”. Scalia ha continuato i suoi attacchi nel suo dissenso sulle nozze gay (5-4) dicendo che la Corte include solo avvocati dall’est del Paese  senza “nemmeno uno del sudovest” o nemmeno “uno vero dell’ovest. (La California non conta)”. Quest’ultima stoccata è stata indirizzata al collega Anthony Kennedy, californiano, nominato da Ronald Reagan.
Scalia ha mirato il suo fuoco specificamente verso i suoi colleghi liberal insinuando che avevano “comprato” un voto (quello di Kenendy) per ottenere la maggioranza risicata (5-4) nella decisione sulle nozze gay.  Lui si sarebbe “vergognato, nascondendo la testa in un sacchetto di carta” se avesse accettato un voto semplicemente per vincere su una decisione.
Le dichiarazioni di Scalia avranno dovuto avere un forte impatto su Roberts, il quale è anche il presidente della Corte Suprema e deve ovviamente preoccuparsi non solo dei propri voti ma anche della reputazione della Corte in toto. Roberts però è stato molto duro nel suo dissenso sulle nozze gay per le quali ha votato con la minoranza.  In questo senso lui ha direttamente o indirettamente confermato la sua indipendenza trasmettendo la sensazione ai colleghi e al popolo americano che la Corte Suprema continua ad essere imprevedibile e dunque imparziale. Nonostante che le dichiarazioni di alcuni giudici e di molti politici ci dicano in continuazione che la Corte Suprema non è diversa da altre istituzioni politicizzate, Roberts, con le sue decisioni, cerca di creare la convinzione che sia il contrario.
 Non è facile però, perché tutti sanno che la Corte Suprema è composta da individui nominati da presidenti che si aspettano una certa ideologia politica nelle decisioni che essi adotteranno.  La stragrande maggioranza dei giudici non tradisce queste aspettative né da una parte né dall’altra. I voti di molti dei giudici sono divenuti quindi prevedibili. Ecco perché quei pochissimi giudici che veramente decidono in modo “imparziale”, o comunque autonomo, si arricchiscono di potere e allo stesso tempo di responsabilità su questioni fondamentali del popolo americano.
Le decisioni della Corte Suprema dovrebbero dunque essere finali, ma, come si è visto  nel caso di Obamacare, alcuni continuano a riprovarci. Solo tre anni fa la Corte Suprema si era espressa su Obamacare e quest’anno ha ripetuto la sua difesa, ma con un margine più ampio (oggi è stato di 6 a 3, mentre nel 2012 fu di 5 a 4 ). E forse non sarà l’ultima.
Non appena le decisioni della Corte Suprema vengono annunciate gli “sconfitti” promettono di continuare la lotta. Nel caso di Obamacare, John Boehner, presidente della Camera, ha già dichiarato che bisogna lavorare per abrogare la legge. Nel caso delle nozze gay sono già emerse delle disubbidienze. Nel Texas e in altri Stati del sud alcuni funzionari locali hanno già annunciato che non concederanno licenze di nozze ai gay per ragioni morali o religiose.

* Domenico Maceri
Docente di lingue a Allan Hancock College, Santa Maria, California (dmaceri@gmail.com)

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