Il Governo approva il prelievo (in data da destinarsi) sui profitti delle banche proposto da Salvini per destinarlo genericamente al “taglio delle tasse”, ma subito scatta il crollo dei titoli bancari. Una manovra elettoralistica con esiti imprevedibili

“L’innalzamento dei tassi della Bce – aveva detto Salvini – ha portato ad un innalzamento del costo del denaro per famiglie e imprese. Non c’è stato un altrettanto solerte, veloce e importante aumento per i consumatori. Quindi in questo gap si verrà a contare un 40% di prelievo dagli extraprofitti multimiliardari delle banche”.

Salvini non è entrato nel merito delle cifre, indicando però che “basta guardare gli utili del primo semestre 2023 delle banche per capire che non stiamo parlando di qualche manciata di milioni, ma si può ipotizzare di alcuni miliardi”, i tecnici stimano tra 2 e 3 miliardi. Ma certe manovre, anche se le intenzioni fossero buone, non si possono mettere in atto con i metodi pasticcioni alla Salvini e, in genere, con i metodi di questo Governo di “dilettanti allo sbaraglio” confondendo i provvedimenti governativi  con gli…”approcci” in stile Meloni (tipo “vediamo l’effetto che fa”).

L’Associazione delle Banche Italiane non ha commentato, anche perché – come fa notare qualcuno –  il provvedimento non è ancora approdato in Gazzetta Ufficiale e  dovrà essere convertito in legge, ma entro 60 giorni,  dal Parlamento. Che però chiuderà per ferie e quindi se ne riparlerà probabilmente i primi di settembre.

Secondo quanto si apprende, la nuova tassa sugli extraprofitti delle banche non potrà comunque superare il 25% del patrimonio netto alla data di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al primo gennaio 2023. L’imposta straordinaria, inoltre, non è deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive.

Il prelievo del 40% scatterà se il margine di interesse registrato nel 2022 “eccede per almeno il 3%” il valore dell’esercizio 2021. Percentuale che sale al 6% confrontando il 2023 col 2022.

Le cinque maggiori banche italiane hanno registrato nel primo semestre del 2023 una crescita del 57,6% del margine di interesse, salito nell’aggregato a 17,814 miliardi complessivi rispetto agli 11,303 del primo semestre del 2022. Sono i dati calcolati dalla Fondazione Fiba di First Cisl, diffusi nei giorni scorsi dopo la chiusura dei conti semestrali.

Il margine di interesse, calcolato come differenza tra interessi attivi e passivi, è il parametro scelto dal governo per calcolare l’annunciata tassa del 40% sugli extraprofitti delle banche. Solo per il primo semestre 2023 dunque applicando l’aliquota ai 6,511 miliardi di incremento del margine si avrebbe un gettito di 2,6 miliardi di euro, sempre limitatamente alle top five – Intesa, Unicredit, Bper, Banco Bpm e Mps.

Se ipoteticamente le banche dovessero chiudere l’anno raddoppiando questa cifra, la tassa sugli extraprofitti potrebbe quindi valere anche piu’ di 5 miliardi di euro.

In Spagna c’è stato un provvedimento simile che è costato alle banche una super imposta di 3 miliardi. Di una tassa sugli extraprofitti si era parlato già nell’ultima Finanziaria, mentre nel decreto legge 133 del 2013 (addizionale Ires dell’8,5%) era stato istituito un prelievo per coprire l’abolizione dell’Imu sulla prima casa.

Secondo il leader 5 stelle Giuseppe Conte quello adottato dal Governo è un provvedimento ispirato alle loro idee: “Ci criticano, ci snobbano, ci accusano di demagogia. Poi non riescono ad ammetterlo, ma devono darci ragione. Da marzo il Movimento 5 stelle chiede un intervento sugli extraprofitti accumulati dalle banche per prendere da lì le risorse per sostenere i cittadini alle prese con rincari e caromutui. Sono passati 5 mesi e il Consiglio dei Ministri si accorge dell’emergenza, quando le famiglie sono già in ginocchio da troppo tempo. E ora – in base a quanto annunciato –  il Governo sembra accogliere la nostra proposta di una tassa sugli extraprofitti bancari. E poi Conte chiosa: “Meglio tardi che mai, ma il ‘tardi’ purtroppo lo pagano le famiglie”.

Per la CISL è giusto decidere di tassare gli extra profitti delle banche, ma il provvedimento andrebbe allargato anche alle altre multinazionali (energia, digitale, logistica) per recuperare risorse da impegnare ad alzare salari, retribuzioni, pensioni e a ridurre il peso delle tasse ai lavoratori, ai pensionati e alle famiglie oberate dai mutui per le prime case”.

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