GIOCHI DI POTERE 2.0/ Chievo colpevole di aver truccato i bilanci ma punito con soli 3 punti di penalizzazione. La folle estate del calcio italiano continua…

di FABIO CAMILLACCI/ Le storture del calcio italiano e della giustizia sportiva non finiscono mai. Dopo il caos campionati di B e C, è la volta della vicenda plusvalenze fittizie relativa al Chievo Verona. Il Tribunale Figc ha inflitto al club veronese solo tre punti di penalizzazione da scontare in questo campionato, un’ammenda di 200mila euro e tre mesi di squalifica per il presidente della società veneta Luca Campedelli, oltre a 1 mese e 15 giorni di inibizione per i consiglieri clivensi Piero Campedelli, Giuseppe Campedelli, Michele Cordioli e Antonio Cordioli. La richiesta della Procura era di 15 punti di penalizzazione e 36 mesi di inibizione per il patron (nella foto: il patron del Chievo Luca Campedelli).

Caso Cesena. Lo stesso Tribunale federale invece ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti del club romagnolo per intervenuta revoca dell’affiliazione (il Cesena è fallito), sanzionando con 1 mese e 15 giorni di inibizione i consiglieri cesenati Guido Aldini e Samuele Mariotti. La Federcalcio in una nota spiega: “Chievo e Cesena erano state deferite per aver sottoscritto le variazioni di tesseramento di alcuni calciatori indicando un corrispettivo superiore al valore reale e per aver contabilizzato nei bilanci plusvalenze fittizie e immobilizzazioni immateriali di valore superiore al massimo dalle norme che regolano i bilanci delle società di capitali”.

L’ennesimo capitolo della folle estate 2018 del calcio italiano. Un’estate in cui sono state demolite credibilità e certezza del diritto. Quando si arriva a una decisione “tardiva”, come in questo caso, la soluzione sa di beffa per non dire di peggio. Il Chievo dopo essere scampato a una condanna nel mese di luglio solo per un cavillo formale, si ritrova con appena 3 unti di penalizzazione da scontare nel campionato in corso. Il Tribunale federale ammette che il club veronese ha barato gonfiando i prezzi di giovani calciatori, scambiandoli con il Cesena, ma al contempo ha potuto essere comunque ammesso alla Serie A 2018-19, incassando regolarmente 35 milioni di euro dai diritti televisivi e giocarsi a tutti gli effetti la salvezza in questo campionato. Col -15 chiesto dalla Procura sarebbe stato quasi impossibile salvarsi. Se la sanzione (3 punti) fosse stata applicata alla scorsa stagione il Chievo, che ha totalizzato 40 punti nel torneo 2017-18, si sarebbe comunque salvato in quanto il Crotone terz’ultimo ne ha conquistati 35 sul campo. Ma la contraddizione sta nel fatto che il Cesena a luglio nella stessa vicenda (prima che scattassero le assurde dilazioni delle procedure) ha subito 15 punti di penalizzazione. Bisognerà leggere le motivazioni della nuova sentenza per capire il diverso trattamento. La stortura però rimane ed è evidente. Due pesi, due misure. Se il Chievo, come da sentenza, ha commesso questi gravi illeciti avrebbe dovuto pagare o con l’immediata retrocessione in B o con una forte penalizzazione, tipo il -15 chiesto dalla Procura. Invece, ecco l’ennesima sentenza all’italiana: tutti colpevoli, nessun colpevole.

Invece di tirare un sospiro di sollievo e ringraziare i giudici, il Chievo alza pure la voce. Il legale dei clivensi avvocato Marco De Luca infatti ha dichiarato: “Siamo stupiti e contrariati dall’esito della sentenza odierna. Siamo fermamente convinti, oggi più che mai, che la società abbia sempre agito con correttezza e trasparenza, e che le indagini della procura non siano state fatte correttamente. Riteniamo perciò che il Chievo non meriti questa ridotta penalizzazione, frutto peraltro, con tutta evidenza, della consapevolezza, da parte del Tribunale, della debolezza della tesi accusatoria. Ricorreremo quindi in appello, fiduciosi che la giustizia sportiva saprà alla fine riconoscere le nostre ragioni. Riteniamo il deferimento nei confronti del Chievo Verona nullo per le ragioni già espresse ieri in udienza e segnatamente perché l’unico soggetto legittimato a firmare il relativo atto sarebbe stato il procuratore Giuseppe Pecoraro (ex Prefetto di Roma) che invece non lo ha fatto né ha dedotto alcun impedimento come previsto dal Codice di Giustizia Sportiva”. Insomma, siamo al parossismo della follia, ma tutto è lecito se le regole possono essere facilmente aggirate o addirittura calpestate.

 

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