GIALLO DI ARCE/ La figlia di Santino Tuzi: “Sono sicura, papà non si suicidò”

di SERGIO TRASATTI/ Entro giugno si attendono colpi di scena nell’ambito del doppio giallo di Arce: l’omicidio di Serena Mollicone e il conseguente strano suicidio del brigadiere Santino Tuzi. Concessi infatti sei mesi di proroga per le indagini della Procura di Cassino per istigazione al suicidio, in relazione alla morte del carabiniere Santino Tuzi, trovato cadavere l’11 aprile 2008 all’interno di una Fiat Marea parcheggiata vicino la diga di Arce in località Sant’Eleuterio. A chiedere la proroga è stato il sostituto procuratore Alfredo Mattei, titolare dell’indagine, il primo a voler far chiarezza sulla vicenda a seguito dell’istanza di riapertura del fascicolo presentata da Rosangela Coluzzi, l’avvocato di Maria Tuzi, la figlia del brigadiere.

I fatti. Tuzi fu trovato morto, ucciso da un colpo di pistola, pochi giorni dopo esser stato ascoltato come testimone nell’ambito delle indagini per il delitto di Serena Mollicone assassinata sempre ad Arce nel giugno del 2001. Tuzi morì tre giorni prima del confronto che avrebbe dovuto avere con il suo ex comandante, Franco Mottola. Per l’omicidio di Serena sono iscritti nel registro degli indagati proprio l’ex comandante della stazione dei carabinieri di Arce Franco Mottola, sua moglie Anna e il figlio Marco con l’accusa di omicidio volontario e occultamento di cadavere (nella foto in alto: Santino Tuzi. Nella foto a sinistra uno striscione per Serena).

A ‘La Storia Oscura’ su Radio Cusano Campus, ha parlato Maria Tuzi. La figlia del brigadiere Santino Tuzi ha rilasciato dichiarazioni importanti: “I rapporti tra mio padre e il maresciallo Mottola non sono mai stati idilliaci. Il suo superiore gli faceva molte pressioni per quanto riguarda il lavoro. E comunque –ha aggiunto Maria Tuzi- resto del tutto convinta che mio padre non si è suicidato e se lo ha fatto non lo fece certo per motivi sentimentali come fu ipotizzato in un primo momento dagli inquirenti. Se mio padre veramente si suicidò, lo fece solo per proteggere la sua famiglia. Mio padre aveva voglia di vivere, aveva progetti per il futuro: aspettava con ansia di andare in pensione, gli mancava poco, per poter fare il nonno a tempo pieno e quindi dedicarsi al nipotino. Se avesse avuto l’intenzione di suicidarsi penso che non mi avrebbe detto certe cose. Inoltre, mio padre nei suoi ultimi giorni di vita non aveva dato alcun segnale di nervosismo, appariva normale, non aveva preoccupazioni, non era affatto depresso e non ha mai fatto uso di psicofarmaci e questo me lo ha confermato anche il medico di famiglia che aveva un bel rapporto con lui. E soprattutto –ha concluso Maria Tuzi- è quanto meno strano che un uomo che decide di suicidarsi, pur amando la sua famiglia, non lascia nemmeno una lettera di addio”.

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