Esasperata reazione dell’imprenditore Bottega contro la Cina per le conseguenze dell’epidemia di coronavirus sull’export italiano

A causa del diffondersi del coronavirus si è fermata la produzione dell’azienda degli spumanti Bottega di Bibano di Godega di Sant’Urbano, nel trevigiano. La reazione dell’imprenditore e presidente della società, Sandro Bottega, si è manifestata con una lettera esasperata ai maggiori quotidiani italiani, in cui scrive tra l’altro: «E’ con le lacrime agli occhi che ho detto al mio personale che – anche se rientriamo tra le industrie strategiche – chiuderemo l’azienda il 15 aprile: poi non avremo più nulla da produrre, tutti gli ordini cancellati, e i pagamenti spostati a chissà quando: 50 anni di lavoro partendo dal nulla, il 2° marchio nel mondo di spumanti, una dei simboli dei vini italiani, 300 persone laboriose che rimarranno a casa, 16 milioni di bottiglie prodotte ogni anno, vendute nei migliori locali del mondo, 80 milioni di fatturato: Senza produrre nulla, la nostra azienda ha costi per oltre 800.000 euro al mese».

Sandro Bottega, nella sua grande amarezza, ritiene di individuare la responsabilità del disastro nei comportamenti tenuti dalle autorità cinesi nella comunicazione sull’epidemia: «Abbiamo il massimo rispetto per i cinesi e per la loro cultura, ma nessuno può esimersi dalle proprie responsabilità: e anche se siamo in piena emergenza e i nostri sforzi devono essere tesi ad uscire da questa situazione secondo le direttive politiche e della scienza per tamponare la pandemia, è giusto chiedersi: come il governo cinese rifonderà l’Italia dei danni derivati da quella carenza di informazione?».

Secondo l’imprenditore veneto i cinesi non hanno dato l’allarme (anzi hanno censurato il medico Li Wenliang che quell’allarme aveva lanciato) e perciò poi siamo stati trattati come “untori” dall’America e dall’Europa. Una tesi in verità un po’ ardita, dalla quale Bottega passa a “dettare” le regole cui si dovrebbe attenere l’Italia nei futuri rapporti commerciali con la Cina: «Qualsiasi prodotto Made in China dovrà poter entrare nel nostro mondo solo se sapranno garantire i nostri standard e le nostre dogane», così come «i nostri sistemi di controllo dovranno pretendere lo stesso comportamento che loro pretendono di esercitare sui nostri prodotti».

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