Draghi conteso tra il “capitano-capitone” e “l’infame che ride” di De Amicis

di SERGIO SIMEONE* – Sabato 6 febbraio è un giorno storico. E’ il giorno in cui il capitano è diventato un capitone: con un contorcimento degno del pesce protagonista dei cenoni natalizi Matteo Salvini, l’irriducibile sovranista, colui che aveva dichiarato a proposito del recovery fund, novello Laocoonte, timeo Europam et dona ferentem, ha annunciato il sostegno pieno ed incondizionato della Lega all’europeista a 18 carati Mario Draghi.

Il nostro, si dirà, ha allora  abbandonato i suoi alleati sovranisti europei? Niente affatto. Al contrario, ha scelto di seguire la linea del suo amico   Orban: follow the money. Guardate infatti come si è comportato il leader ungherese in questi anni: non condivide nessuno dei valori su cui si fonda l’Unione europea, ma lui si guarda bene dall’uscire dall’Europa.  Si è anzi incistato come una zecca nel maggiore gruppo politico, il PPE, e, nonostante venga fatto oggetto di disprezzo da parte degli altri membri del suo gruppo, resiste strenuamente al tentativo di espellerlo. Anzi ha dato il suo sostegno determinante alla elezione della presidente della commissione. E perché lo fa? Semplice: perché vuole usufruire dei fondi strutturali, senza i quali l’economia del suo Paese si troverebbe in gravi difficoltà.

Salvini sta ora seguendo la stessa linea. Dopo ave disprezzato gli importanti risultati conseguiti a Bruxelles da Conte e Gualtieri, che sono riusciti a far assegnare all’Italia la fetta più grossa dei finanziamenti europei (diceva: “Il recovery fund è una gigantesca  fregatura”), ora che i soldi stanno per arrivare e si tratta di gestirli ecco che con gran faccia di tolla si scopre improvvisamente grande ammiratore del “tecnocrate” Draghi. Ma vi pare che l’ex capitano ora capitone, che si è tenuto  stretti  i famosi 49 milioni sottratti allo Stato italiano, si sarebbe fatta sfuggire la possibilità di cogestire 209 miliardi?

La decisione di Salvini di sostenere il governo Draghi  ha creato grossi problemi nel Pd  per la ripugnanza che molti avvertono a stare nella maggioranza  governativa con un partito xenofobo e antieuropeo. Lo stesso Draghi  ora dovrà fare una difficile scelta: proporre un programma politico che provochi una autoesclusione della Lega (come, ad esempio, inserire una riforma fiscale fortemente progressiva in netto contrasto con la flat tax.) o ridurre i compiti del governo alla lotta contro la pandemia e l’avvio del recovery plan, accantonando tutti gli altri problemi che pure aspettano una soluzione e scegliendo solo ministri “tecnici”. L’opzione più probabile appare la seconda, perché il capitone, con un altro contorcimento, sarà pronto ad ingoiare tutto pur di non mollare la presa sul malloppo.

Intanto in Italia c’è una sola persona  che non si pone questi problemi: Renzi. Il quale, anzi,  esulta perché tanto lui il suo obiettivo lo ha raggiunto: quello di demolire il governo giallorosso, ed ora si può rilassare (come ha dichiarato in una intervista a Repubblica).  Se poi, a causa della sua opera demolitrice, si è aperta alla destra quella porta che le era stata sbattuta in faccia un anno e mezzo fa, chi se ne frega. Edmondo De Amicis direbbe: “E l’infame sorrise”.

*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato dirigente del sindacato Scuola della Cgil

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