Bagno di folla a Milano per Papa Francesco dalla periferia allo stadio, un milione alla messa nel parco di Monza

Con 70mila persone che lo hanno accolto nello stadio Meazza a San Siro si è concluso il bagno di folla che ha accolto Papa Francesco nella sua visita pastorale a Milano e che ha avuto il culmine nella messa celebrata nella villa reale di Monza  con la partecipazione di un milione di persone, cioè ben oltre le 700mila previste.

Nello stadio Meazza il Pontefice ha avuto l’incontro con i giovani cresimandi e le loro famiglie. L’incontro è stato in realtà un dialogo: Papa Bergoglio ha risposto alle domande di alcuni ragazzi, dei genitori e dei catechisti. E ha coinvolto l’intero stadio con le sue risposte. E’ tornato a consigliare ai giovani di parlare con i loro nonni. Ai genitori invece ha ricordato: “I bambini ci guardano. Voi non immaginate l’angoscia che sente un bambino quando i genitori litigano. Soffrono. E quando si separano il conto lo pagano loro, i bambini”. Sempre ai genitori il Papa ha chiesto: “Giocate con i vostri figli? E’ brutto vederli solo nei giorni di festa. E’ questa vita che ci toglie l’umanità. Giocate con i vostri figli”. Poi, al momento del congedo,  ha invitato i fedeli che lo acclamavano: “Pregate per me”.    “Oggi si specula sulla vita, sul lavoro, sulla famiglia, sui migranti”.

Durante l’omelia della messa nel parco di Monza aveva detto: “Non possiamo rimanere spettatori davanti a situazioni dolorose”, lo stesso concetto che  aveva espresso la mattina durante l’incontro con i fedeli in Duomo. Si riferiva ai migranti, alle loro odissee in cerca di un futuro migliore; ma è stato critico  anche verso la vita frenetica che conduciamo. “Quando tutto si accelera non si ha tempo per niente e per nessuno”. La memoria è antidoto a conflitti ed esclusione: “Noi oggi siamo invitati a fare memoria, a guardare il nostro passato per non dimenticare da dove veniamo”, ha detto ancora Bergoglio. Il Pontefice esorta a “non dimenticarci dei nostri avi, dei nostri nonni e di tutto quello che hanno passato per giungere dove siamo oggi. Questa terra e la sua gente hanno conosciuto il dolore delle due guerre mondiali. E talvolta hanno visto la loro meritata fama di laboriosità e civiltà inquinata da sregolate ambizioni”. Per il Papa “evocare la memoria è il migliore antidoto a nostra disposizione di fronte alle soluzioni magiche della divisione e dell’estraniamento”.

Toccante anche  l’incontro con i detenuti a San Vittore: “Mi sento a casa, siete fratelli”. Fin dalla programmazione del suo viaggio a Milano Francesco aveva chiesto di avere il tempo per potere parlare con il maggior numero di detenuti possibile e di poterli almeno vedere tutti e non solo una loro rappresentanza. Ed è stato accontentato: si è intrattenuto con le detenute della Cam, la casa protetta per detenute madri con bambini. Subito dopo ha visto alcuni detenuti del primo raggio e del sesto, dove si è soffermato al reparto dei reclusi ‘protetti’. Il menù – preparato dalle detenute della cooperativa ‘Libera cucina’ interna al carcere –  è stato a base di risotto e cotoletta, due piatti tipici della tradizione culinaria lombarda. I detenuti hanno voluto affidare una lunga lettera al Pontefice: i nostri errori diventino pentimento. –

Poi le parole sui pericoli delle ideologie “che – sottolinea – germogliano quando si crede di avere la fede completa”. Altra questione spinosa dei nostri giorni, quella della “società multi”. Su questo – incalza il Pontefice – “io credo che la Chiesa nella sua storia ha molto da insegnarci per una cultura della diversità”. Rivolgendosi al clero esorta a “imparare la cultura della diversità”. Di conseguenza, invita “tutti a rivisitare le nostre origini, recuperare memoria con uno sguardo di fede. Scegliete le periferie, accendete la speranza fiaccata da una società divenuta insensibile al dolore degli altri”. E sempre rivolto al clero: “dobbiamo leggere il mondo contemporaneo senza condannarlo e senza esaltarlo. Dobbiamo discernere”.

Rispondendo infine ad un sacerdote, Papa Francesco replica: “Per la Chiesa evangelizzare è una gioia. Gesù ti porta la gioia quando ti chiama”.

​La visita alla diocesi di Milano era partita dalle Case popolari,  le Case bianche di via Salomone, dove in enormi palazzoni vivono stranieri, disoccupati, emarginati, famiglie in difficoltà. Cioè  prima tappa nel Capoluogo lombardo una periferia. E ha citato il brano del Vangelo di Matteo: “Ogni volta che avrete fatto qualcosa a questi fratelli lo avrete fatto a me”.

Francesco è atterrato alle 8 nel Capoluogo lombardo a bordo di un aereo dell’Aeronautica Militare e ha ricevuto il saluto delle autorità: il cardinale Angelo Scola arcivescovo di Milano, il governatore Roberto Maroni, il sindaco Giuseppe Sala, il prefetto Luciana Lamorgese, il sindaco di Segrate Paolo Micheli, il direttore dello scalo Monica Piccirillo, il presidente Sea Pietro Modiano, il comandante dell’Aeronautica Militare di Linate colonnello Alessandro Losio e don Fabrizio Martello, cappellano di Linate.

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