A RUOTA LIBERA/ RUBRICA (n. 128) di LUCIO DE SANCTIS

di LUCIO DE SANCTIS

Fiorisce il mercato auto – In maggio sono state immatricolate in Italia 204.113 autovetture. Rispetto allo stesso mese del 2016 si registra una crescita dell’8,2%. Si tratta di un risultato decisamente positivo se si considera che in aprile la Pasqua e le molte opportunità di “ponti” offerte dal calendario hanno penalizzato, non solo le immatricolazioni (-4,6%), ma anche la raccolta di ordini e l’affluenza di pubblico ai saloni delle concessionarie. Ovviamente questi due ultimi aspetti hanno influito anche sulle immatricolazioni di maggio. Il risultato è però in linea con quello dei primi quattro mesi dell’anno in cui la crescita era stata del 7,96%.

Sulla base dei dati diffusi il consuntivo di gennaio-maggio chiude con 948.051 immatricolazioni e con un incremento dell’8,1% sullo stesso periodo del 2016. Le prospettive per i prossimi mesi restano inoltre positive. Dall’inchiesta congiunturale condotta dal CSP a fine maggio emerge che i concessionari che si attendono nel prossimo futuro un mercato in crescita o stabile sui buoni livelli attuali sono il 60%. “La ripresa della domanda di autovetture – secondo Gian Primo Quagliano, Presidente del Centro Studi Promotor – resta dunque ben impostata sia perché sono ancora in vigore i superammortamenti per le auto acquistate dalle aziende e utilizzate come beni strumentali, sia perché la domanda di sostituzione rinviata durante la crisi è ancora in buona misura insoddisfatta”.

La ripresa dell’auto è dunque dovuta anche, e in misura rilevante, ad un impegno economico importante di case e concessionari che non lesinano risorse per difendere la loro posizione di mercato. In questo quadro si inserisce l’ormai sistematico ricorso alla pratica “dell’usato con chilometri zero”.

Federauto: privati cresciuti poco – “Come già posto in evidenza dalle rilevazioni quotidiane sul panel del nostro Osservatorio, anche a maggio le vendite ai privati, e quindi alle famiglie, hanno subito un incremento ridotto, riflettendo la modesta affluenza registrata presso i nostri punti vendita”. È il commento di  Filippo Pavan Bernacchi, presidente di Federauto, l’associazione che rappresenta i concessionari di tutti i brand commercializzati in Italia, dopo la diffusione dei dati sulle immatricolazioni auto aumentate a maggio dell’8,2%. “La crescita di questo mese – aggiunge – è stata quindi
sostenuta dai canali business del noleggio e soprattutto delle società. Canali che giustamente approfittano del superammortamento per i beni strumentali. È corretto ricordare che all’incremento del canale società concorrono anche i kilometrizero immatricolati dai concessionari o dalle case”. Federauto conferma la sua previsione di un mercato 2017 che potrebbe chiudere a un +8% rispetto al 2016, riportando il ‘contachilometri’ appena al di sotto dei 2 milioni di auto immatricolate.

In ripresa anche l’usato – Riprende slancio nel mese di maggio il mercato italiano delle auto di seconda mano, mentre l’usato stenta ancora a raggiungere valori positivi nel settore delle due ruote. I passaggi di proprietà delle autovetture depurati dalle minivolture (i trasferimenti temporanei a nome del concessionario in attesa della rivendita al cliente finale) hanno fatto registrare a maggio un incremento del 3,1% rispetto all’analogo mese del 2016. Per ogni 100 autovetture nuove ne sono state vendute 123 usate nel mese di maggio e 137 nei primi cinque mesi dell’anno.

Segno meno, al contrario, per i passaggi di proprietà dei motocicli, che al netto delle minivolture hanno chiuso il bilancio di maggio in lieve flessione, evidenziando un decremento mensile dello 0,8%.

Nei primi cinque mesi del 2017 si sono registrati complessivamente incrementi del 3,2% per le autovetture e dell’1,8% per tutti i veicoli, a fronte di un calo dell’1,5% per i motocicli.

I dati sono riportati nell’ultimo bollettino mensile “Auto-Trend”, l’analisi statistica realizzata dall’Automobile Club d’Italia sui dati del PRA, consultabile sul sito www.aci.it

Europa, commerciali a piccoCrollano le vendite di veicoli commerciali e da lavoro in Europa, in linea con in mercato dell’auto in fase di correzione. Un dato già anticipato per l’Italia dall’UNRAE, l’associazione che rappresenta i produttori europei.
Le immatricolazioni di veicoli da lavoro ad aprile hanno segnato un forte calo del 6,9% nell’Area Euro. Lo si apprende dai dati forniti dall’associazione europea dei produttori di auto (ACEA). Bene anche il bilancio da inizio anno che segna un +4,4% nell’area della moneta unica. Considerando l’Unione Europea ed i Paesi dell’Efta il dato segna una diminuzione del 7,2%, mentre per i soli Paesi dell’Europa occidentale evidenzia una riduzione del 7,1%.
Fra i mercati europei che pesano di più come ampiezza, in forte crescita la Gran Bretagna, che segna un pesante calo del 18,8%, la Germania del 10,2% e l’Italia del 7,9%, mentre tengono la Spagna (+1,1%) e la Francia (+0,5%).

Noleggio alimento del mercato – Dall’ANSA si apprende che nei primi tre mesi del 2017 un’auto nuova su quattro è stata acquistata per il noleggio, sia quello di lungo periodo, gettonato dalle aziende per le vetture da destinare ai dipendenti, sia quello di breve durata, principalmente per turismo o impieghi comunque temporanei, sia infine per il car sharing. La quota del 24,5% sul totale del mercato è in decisa crescita rispetto al 2016, quando il peso di questa componente era stata di un veicolo su cinque.

A rivelarlo è stata l’Associazione Nazionale Industria dell’Autonoleggio e Servizi Automobilistici di Confindustria (Aniasa) che ha diffuso i dati contenuti nel Rapporto sullo stato di salute del comparto. Da gennaio a marzo 2017, il fatturato è stato di 1.480 milioni di euro, con un +15,6% sullo stesso periodo del 2016 (1.280 mln euro), le immatricolazioni sono state 154.000 (+20,3% sulle precedenti 128.000) e la flotta è cresciuta sino a 800.000 veicoli (+14,9% sui 696.000 di gennaio-marzo 2016). Numeri che confermano l’andamento positivo dello scorso anno che ha registrato un fatturato di 6.020 milioni di euro (+10,2% sui 5.463 milioni del 2015), con un peso al suo interno del noleggio a lungo termine cresciuto di mezzo miliardo di euro, sino a 4,8 miliardi.

I dati sul 2016 evidenziano un aumento delle immatricolazioni del 18,1% sul 2015, con 374.716 targhe contro 317.119. Di questo totale, 274.877 veicoli sono stati assorbiti dal noleggio a lungo termine (+23,4%) e 99.839 dal noleggio a breve termine (+5,9%). Nel dettaglio, 324.317 sono state autovetture (+13,5% sulle 285.657 del 2015) e 49.239 commerciali (+62,4% su precedenti 30.310). A far data 31 dicembre 2016, poi, la flotta del noleggio a lungo termine era di 674.117 unità, cresciuta sulle 585.285 del 2015 del 15,2%, un valore che tiene conto delle 185.695 unità rivendute nello stesso periodo nel canale dell’usato.

Dopo l’annata record 2015, il noleggio di breve periodo ha continuato a crescere negli scorsi mesi, registrando a fine 2016 un fatturato di quasi 1,2 miliardi di euro (+4,9%) con una flotta che ha raggiunto 161.500 veicoli (+11,6%). I contratti sono aumentati del 7,6% sino a quota 5 milioni, il tutto per 32,5 milioni di giorni di affitto (+5%). Il trend positivo prosegue in quest’inizio di 2017.
”Questi risultati – chiarisce il presidente ANIASA Andrea Cardinali– sono frutto di varie dinamiche convergenti: la crescente domanda di mobilità turistica e di business, il rinnovo e l’ampliamento delle flotte aziendali, la spinta dei veicoli commerciali trainati dal boom dell’e-commerce, la nuova clientela nell’area delle micro-imprese, dei professionisti e dei consumatori privati, cui si è aggiunto il noleggio mid-term e i benefici effetti determinati dalla misura del superammortamento”.

PIL, Italia maglia nera – Nel 2016 il Pil pro capite dell’Italia è stato inferiore alla media dei paesi dell’Unione Europea del 3,72%. Nel 2001, cioè nell’anno che ha preceduto l’adozione dell’euro da parte dell’Italia, il nostro Pil pro capite superava quello medio dell’Unione Europea del 18,80%. In quindici anni, dunque, nel confronto con l’Unione Europea il nostro Pil pro capite ha perso ben 22,5 punti percentuali. A ciò si aggiunge che solo l’Italia e la Grecia hanno nel 2016 un Pil pro capite inferiore a quello del 2001 e che il calo dell’Italia (-6,83%) è peggiore di quello della Grecia (-6,04%). Questi dati provengono da un’elaborazione originale condotta dal Centro Studi Promotor su dati ufficiali di fonte Eurostat. Il crollo del nostro Pil pro capite misura in maniera inequivocabile il declino economico del nostro Paese.

Nessun’altra nazione della UE nel periodo considerato è passata da un valore sopra la media ad un valore sotto la media e nessun’altra nazione della UE ha avuto un peggioramento grave come quello dell’Italia. La situazione del nostro Paese appare poi ancora più seria se si considera l’andamento relativo alle altre maggiori economie dell’Unione. Come mostra la tabella, tra il 2001 e il 2016 il Pil pro capite della Germania è aumentato del 17,35%, quello del Regno Unito del 15,44%, quello della Francia del 7,80%. Ed anche considerando i paesi della fascia mediterranea della zona euro, particolarmente penalizzati dai vincoli alle politiche economiche imposte da Bruxelles, va segnalato che, a fronte dei cali di cui si è detto di Italia e Grecia, per la Spagna il Pil pro capite dal 2001 al 2016 è cresciuto del 7,24%, per il Portogallo del 3,05% ed anche per Cipro il confronto è positivo (+0,95%).

“I risultati delle nostre elaborazioni – ha dichiarato Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor – quantificano in maniera oggettiva l’entità del peggioramento delle condizioni economiche degli italiani dall’adozione dell’euro ad ora. Il nostro Paese è cresciuto poco negli anni ‘90 per l’esigenza di “centrare i parametri di Maastricht” e con l’entrata nell’euro non ha più avuto la possibilità di adottare politiche economiche che consentissero di superare rapidamente la crisi del 2008, che è stata invece già ampiamente superata da tutte le altre maggiori economie. Certo il declino economico dell’Italia non è interamente imputabile all’Unione Europea e all’entrata nell’euro. I mali italiani sono ben noti, ma è comunque un dato di fatto che l’entrata nell’euro ha accentuato il declino del Paese e che è necessario ridiscutere i trattati da cui è nata l’Unione Europea”.

 

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