La polizia egiziana ora indaga su 20 telefonate fatte da Regeni prima di essere preso, torturato e ucciso

Un momento del sit-in davanti all'ambasciata egiziana per chiedere la verit?? sulla morte di Giulio Regeni, Roma, 25 febbraio 2016. ANSA/MASSIMO PERCOSSI
Sit-in davanti all’ambasciata egiziana per chiedere la verità su Giulio Regeni. (Foto di Massimo Percossi per l’Ansa)

“Verità” sempre diverse, e con il contagocce, arrivano dall’Egitto sull’assassinio del giovane ricercatore italiano Giulio Regeni. Ora una “fonte della sicurezza”, in dichiarazioni al quotidiano egiziano Akhbar Al Youm, afferma che “prima della sua scomparsa la sera del 25 gennaio” Giulio “effettuò 20 chiamate telefoniche” . Il giornale precisa che “il rapporto della compagnia telefonica consegnato agli investigatori fornisce prove chiare” per nutrire “sospetti” e che tale documento aiuta la Sicurezza nella ricerca dei responsabili dell’omicidio. Il rapporto, viene aggiunto, “dopo aver verificato il numero di chiamate effettuate il 24 e 25 gennaio, include altre persone sospette”. Inoltre “i servizi di sicurezza stanno per completare l’interrogatorio delle persone che l’avevano chiamato e dei suoi amici”, riferisce il giornale in chiusura di articolo.

Intanto la Procura di Roma puntualizza che le indagini riguardano un delitto maturato nel quadro delle attività di ricerca ed eseguito da professionisti della tortura e delle sevizie. Non, quindi, un fatto di sangue legato a droga (dall’autopsia non é emersa alcuna traccia di sostanze stupefacenti), ad una rapina o ad un fatto passionale. Giulio Regeni, hanno accertato gli inquirenti di piazzale Clodio, conduceva una vita ritirata, era molto legato alla fidanzata e non consumava droga. Inoltre dall’esame del computer di Regeni, e anche dal resto dell’attività istruttoria, non emergono legami di Giulio Regeni con servizi segreti. L’inchiesta, secondo qunato si è appreso, avrebbe inoltre evidenziato che Regeni non aveva avuto contatti con persone equivoche e tantomeno che le sue ricerche siano uscite dall’ambito universitario.

I pm romani che indagano sulla morte del ricercatore hanno anche avanzato una richiesta alle società che gestiscono i maggiori social network per ottenere le password utilizzate da Regeni, in modo da poter ricostruire gli spostamenti effettuati dal ricercatore con la geolocalizzazione. Secondo quanto si apprende, inoltre, non risultano schedature fatte in Egitto, anche se l’episodio di una foto scattata da uno sconosciuto durante l’assemblea di un sindacato indipendente (alla quale aveva partecipato per raccogliere notizie per le sue ricerche) aveva turbato il giovane studioso. Qualche elemento in più potrebbe arrivare al pm Sergio Colaiocco la prossima settima quando il medico legale Vittorio Fineschi depositerà i risultati definitivi dell’autopsia.

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