Sono 305 i morti e 128 i feriti nell’attentato alla moschea nel Sinai. Egiziani all’attacco delle postazioni Isis.Uccisi alcuni dei terrortisti

Un comunicato della Procura generale egiziana indica stamane in 305 morti, di cui 27 bambini, e 128 feriti il bilancio della strage terroristica compiuta ieri alla moschea di Al Rawdah nel Sinai settentrionale.

Il ministero dell’Interno egiziano ha aumentato lo stato d’allerta “al più alto livello in tutti i governatorati” egiziani. Misure rafforzate sono state prese attorno a luoghi di culto, edifici importanti e vitali, commissariati di polizia, dipartimenti di sicurezza, luoghi di raduno, cinema, teatri, ministeri, rappresentanze diplomatiche, autostrade, accessi a città.

E’ confermato, intanto, che avevano la “la bandiera” dell’Isis i terroristi che hanno compiuto la strage: lo riferisce un comunicato della Procura generale egiziana che cita il Dipartimento della sicurezza del Sinai settentrionale. I terroristi erano “in un numero tra 25 e 30” e sono arrivati “a bordo di cinque vetture 4×4”, precisa fra l’altro la nota.

Le Forze dell’ordine proseguono con l’Aviazione il setacciamento di covi terroristi alla ricerca dei takfiri (i terroristi islamici che hanno compiuto l’attacco di ieri): lo riferisce un comunicato delle Forze armate pubblicato stamane su Facebook. La nota, senza fornire cifre, conferma che “le forze aeree hanno dato la caccia ai terroristi”, “distrutto vetture utilizzate per l’attentato terrorista” e ucciso “tutti i passeggeri”. Viene annunciato inoltre che le forze armate “hanno demolito diversi covi di terroristi contenenti armi e munizioni”. La distruzione di mezzi e l’uccisione di almeno 15 persone dopo l’attacco alla moschea di Al Rawdah era stata riferita ieri da siti d’informazione.

I terroristi sono arrivati a bordo di 4 fuoristrada
, hanno piazzato ordigni nella moschea, li hanno fatti esplodere e poi hanno iniziato a sparare sui fedeli superstiti, compiendo la carneficina. Quella moschea è un luogo di culto sufi, un orientamento mistico dell’islam che lo Stato islamico considera apostata ed eretico, nei pressi della cittadina di Bir al-Abd.

In un drammatico discorso televisivo alla nazione Al Sisi ha annunciato una risposta ancora più forte nella guerra che l’Egitto sta conducendo contro il terrorismo “per conto di tutto il mondo”. E già ieri sera ha ordinato i primi raid aerei e colpi di artiglieria che hanno colpito due camion che trasportavano almeno 15  autori dell’attentato. Nell’ambito di quella che è già stata ribattezzata “operazione-vendetta per i martiri”, c’è da attendersi quindi una recrudescenza delle operazioni militari che vengono condotte con frequenza nel nord della penisola di un Egitto già in stato d’emergenza dopo gli attentati alle chiese cristiane dello scorso aprile.

Solidarietà. Dall’Italia il presidente Sergio Mattarella ha inviato ad Al Sisi un messaggio in cui assicura che “l’Egitto potrà contare sempre sul determinato sostegno dell’Italia”. “Non è stato solo un attentato terroristico ma una strage agghiacciante. I nostri pensieri vanno a quella comunità”, ha detto il premier, Paolo Gentiloni, in linea con una miriade di atti di solidarietà partiti dall’Onu, dalle maggiori cancellerie occidentali fino ad includere l’edificio del comune di Tel Aviv illuminato con i colori della bandiera egiziana.  Papa Francesco si è dichiarato “profondamente addolorato” per “la grande perdita di vite umane” e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha definito l’attentato un attacco “orribile e vile”.

La tribù Al-Sawarka, teatro della strage, aveva annunciato la propria partecipazione alla lotta contro l’Isis a fianco dell’esercito nel maggio dell’anno scorso: un elemento che si aggiunge alle analisi sui moventi dell’attentato. Concentrato soprattutto nell’angolo nord-est del Sinai, al confine con la Striscia di Gaza, da oltre quattro anni e mezzo è in corso un conflitto a bassa intensità tra forze di sicurezza egiziane e terroristi dello Stato islamico. A combattere sono gli ex “Ansar Beit el-Maqdes”, i “Partigiani di Gerusalemme”, il principale gruppo jihadista egiziano basato nella penisola e ribattezzatosi “Stato del Sinai” nel quadro di un’alleanza affiliazione con l’Isis annunciata nel novembre 2014.

 

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