Rivelazioni di una fonte anonima egiziana sulle torture e la morte di Giulio Regeni

FILE -- In this file photo released by the Egyptian Ministry of Interior on Thursday, Mar. 24, 2016, personal belongings of slain Italian graduate student Giulio Regeni, including his passport, are displayed. On Sunday, April 3, 2016 the editor of Egypt's top state newspaper called on Egyptian authorities to seriously deal with the case of an Italian student tortured and killed in Cairo, saying officials who didn't realize the gravity of the case are risking Egyptian-Italian relations. Italian Premier Matteo Renzi has insisted Italy will settle for nothing less than the truth. (Egyptian Interior Ministry via AP, File)
FILE — In this file photo released by the Egyptian Ministry of Interior on Thursday, Mar. 24, 2016, personal belongings of slain Italian graduate student Giulio Regeni, including his passport, are displayed. On Sunday, April 3, 2016 the editor of Egypt’s top state newspaper called on Egyptian authorities to seriously deal with the case of an Italian student tortured and killed in Cairo, saying officials who didn’t realize the gravity of the case are risking Egyptian-Italian relations. Italian Premier Matteo Renzi has insisted Italy will settle for nothing less than the truth. (Egyptian Interior Ministry via AP, File)

Il generale Khaled Shalabi: sarebbe questo, secondo le rivelazioni contenute nella lettera di un anonimo informatore egiziano al giornale “la Repubblica”, il primo nome sul quale si potrebbero concentrare le ricerche per risalire alle responsabilità per la morte di Giulio Regeni.

L’anonimo – che sostiene di essere un appartenente alla polizia segreta egiziana –  svela alcuni particolari sulle torture inflitte a Giulio Regeni. “L’ordine di sequestrare Giulio Regeni – scrive l’anonimo – è stato impartito dal generale Khaled Shalabi, capo della Polizia criminale e del Dipartimento investigativo di Giza. Fu Shalabi, prima del sequestro, a mettere sotto controllo la casa e i movimenti di Regeni e a chiedere di perquisire il suo appartamento insieme ad ufficiali della Sicurezza nazionale. Fu Shalabi, il 25 gennaio, subito dopo il sequestro, a trattenere Regeni nella sede del distretto di sicurezza di Giza per 24 ore”. Nella caserma di Giza, Giulio “viene privato del cellulare e dei documenti e – continua la mail arrivata a Repubblica -, di fronte al rifiuto di rispondere ad alcuna domanda in assenza di un traduttore e di un rappresentante dell’Ambasciata italiana”, viene pestato una prima volta. Chi lo interroga “vuole conoscere la rete dei suoi contatti con i leader dei lavoratori egiziani e quali iniziative stessero preparando”.

Quindi tra il 26 e il 27 gennaio “per ordine del ministro dell’Interno Magdy Abdel Ghaffar” viene trasferito “in una sede della Sicurezza nazionale a Nasr City”. Tre giorni di torture non vincono la resistenza di Giulio e allora – ricostruisce l’anonimo nel testo pubblicato da Repubblica online – il ministro dell’Interno decide di investire della questione “il consigliere del presidente, il generale Ahmad Jamal ad-Din, che, informato Al Sisi, dispone l’ordine di trasferimento dello studente in una sede dei Servizi segreti militari a Nasr City perché venga interrogato da loro”.

Seguono torture sempre più volente – racconta la fonte -, fino alla morte di Giulio. “Viene messo in una cella frigorifera dell’ospedale militare di Kobri al Qubba, sotto stretta sorveglianza e in attesa che si decida che farne. La decisione viene presa in una riunione tra Al Sisi, il ministro dell’Interno, i capi dei due servizi segreti, il capo di gabinetto della Presidenza e la consigliera per la Sicurezza nazionale Fayza Abu al Naja”. “Nella riunione – conclude la mail – venne deciso di far apparire la questione come un reato a scopo di rapina a sfondo omosessuale e di gettare il corpo sul ciglio di una strada denudandone la parte inferiore. Il corpo fu quindi trasferito di notte dall’ospedale militare di Kobri a bordo di un’ambulanza scortata dai Servizi segreti e lasciato lungo la strada Cairo-Alessandria”.

Una parziale conferma delle rivelazioni contenute nella lettera giunta a “Repubblica” si trova in segnalazioni giunte anche a “La Stampa”, in cui si sostiene che il nome che l’Egitto ‘sacrificherà’ per la responsabilità della morte di Giulio Regeni potrebbe essere quello del generale Khaled Shalabi. Il quale – ricorda “La Stampa” – è l’alto ufficiale della Sicurezza nazionale già condannato nel 2003 da un tribunale di Alessandria per aver torturato a morte un uomo e falsificato i rapporti della polizia, ma reintegrato dopo la sospensione della sentenza.

La magistratura italiana però tiene a precisare che non può prendere atto delle informazioni fornite in forma anonima, anche perché essere contengono delle discrepanze rispetto a dati acquisiti anche attraverso l’autopsia.

 

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