PRIMA GLI ITALIANI O PRIMA I SONDAGGI?

di SERGIO SIMEONE* – Giuseppe Conte sta facendo di tutto per arrivare al Consiglio europeo in cui si discuterà del recovery fund nelle condizioni migliori per difendere gli interessi dell’Italia. Attualmente è impegnato sul fronte internazionale con una strategia abbastanza chiara: compattare il fronte dei Paesi mediterranei, affrontare l’osso più duro dei Paesi cosiddetti “frugali”,  l’olandese Rutte, assicurarsi il sostegno di Macron e Merkel.

Ma non meno importante è il fronte interno, a partire dai Partiti su cui si regge il Governo, dove i 5 stelle non cessano di buttare bastoni tra le ruote, come il rifiuto pregiudiziale ed incomprensibile del MES, nonostante tutte le rassicurazioni fornite dalla Commissione europea ( ultimamente con le dichiarazioni di Dombrovskis e Gentiloni) circa la inesistenza di qualsiasi condizionalità, fatta eccezione solo per l‘obbligo di destinare i fondi al rafforzamento del sistema sanitario. Cosa che è del resto anche nell’interesse dell’Italia, viste le criticità emerse in questi mesi di lotta contro il coronavirus.

Ma un aspetto estremamente importante, e forse preso finora un po’ sottogamba, è la necessità di coinvolgere anche l’opposizione nella battaglia per il recovery fund. Le ragioni del coinvolgimento sono abbastanza evidenti: la Commissione europea sa che, una volta approvato il provvedimento, tra un anno o due, dopo le elezioni politiche in Italia, potrebbe trovarsi, a rappresentare il nostro Paese, non il garbato e ragionevole professore Giuseppe Conte, ma l’inaffidabile, euroscettico,  tonitruante Matteo Salvini, distintosi, ai tempi del governo giallo-verde, per la conflittualità permanente con la Commissione, resa oltremodo sgradevole anche dalle parole e dai toni adoperati (come non ricordare, ad esempio, che il Presidente Junker veniva spesso rappresentato come un ubriacone?)

Si potrebbe obiettare che i trattati internazionali impegnano non le persone che pro tempore rappresentano gli Stati, ma gli Stati stessi e quindi valgono non solo per i governi che li stipulano, ma anche per quelli futuri. Ma non penso che ciò basti a rassicurare i vertici europei. Meglio sarebbe avere da subito una adesione esplicita di quei partiti che oggi sono all’opposizione e domani potrebbero essere al governo.

I partiti del centrodestra, però, in specie Lega e FdI, finora recalcitrano e si capisce perché. Collaborare con il Governo sul recovery fund significherebbe innanzitutto ammettere che l’Europa non è quella entità ostile che loro amano dipingere, dalla quale  occorre difendere i popoli erigendo la barriera degli Stati nazionali, ma l’unica vera ancora di salvezza per trarsi fuori dal baratro economico e sociale in cui stiamo precipitando e ricostruire il nostro sistema, facendo della pandemia addirittura una preziosa occasione per rinnovarlo e rilanciarlo. 

La vicenda del recovery fund rappresenta anche un primo importante passo in direzione di una Europa federale che seppellirebbe definitivamente le stupide e perdenti velleità dei sovranisti. Una vittoria dell’Italia su questo tema, inoltre, sarebbe comunque una vittoria del governo Conte. E questo per i sovranisti di casa nostra sarebbe davvero insopportabile, perché è vero che per loro vengono prima gli italiani, ma prima ancora vengono i sondaggi elettorali, nei quali Salvini sta annaspando, come dimostra il frenetico agitarsi del capitano alla continua ricerca di occasioni che alimentino odi, divisioni e paure tra gli italiani.

Come uscire allora da questa impasse?  L’unico, che secondo me può tagliare il nodo gordiano che si è creato è il Presidente Sergio Mattarella. Se dichiarerà con la chiarezza e la determinazione che lo caratterizzano quali sono i comportamenti che tutte le forze politiche dovranno tenere per fare gli interessi del nostro Paese, la sua presa di posizione diverrà la cartina di tornasole che servirà a misurare agli occhi degli italiani, la correttezza dei comportamenti di uomini e partiti. Ed anche i  “sondaggi” riacquisterebbero il valore che hanno di norma: una misurazione dei mutevoli umori che via via si manifestano nell’opinione pubblica su persone e fatti. Non responsi scolpiti nella pietra.

*Sergio Simeone, docente di Storia e Filosofia, è stato anche dirigente del sindacato Scuola della Cgil

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