PERISCOPIO/ Chi (e che cosa) alimenta i “populismi”

Nuccio-Fava-545x384di NUCCIO FAVA – Sono molte le cause che alimentano il populismo non solo in Italia. Il caso più clamoroso è quello delle elezioni americane dove un sorprendente populismo ha messo le ali alla candidatura di Trump nonostante volgarità e bugie di vario conio costellino la sua campagna elettorale. La più sconcertante da ultimo relativa alle sue frodi fiscali. Trump non molla la presa e cerca di aggredire il campo avverso accusando il clan dei Clinton di finanziamenti poco chiari e l’allora segretario di Stato ai tempi dell’amministrazione Obama di avere gestito in modo privatistico con l’utilizzo personale di comunicazioni istituzionali e di carattere riservato. C’è anche stato il malessere di Ilary durante la cerimonia ufficiale per commemorare le vittime dell’11 settembre e il ritardo nel comunicare le condizioni di salute che certificavano non un banale malore ma la diagnosi ben più seria di una polmonite. Difficile in questo clima parlare di semplici episodi nel bel mezzo di una campagna elettorale aggressiva e senza esclusione di colpi. E’ certo che però, nonostante le riserve che si possono nutrire per i sondaggi, le rilevazioni finora continuano a dare i candidati alla pari, o addirittura leggermente avanti il candidato repubblicano. Difficile non ricondurre tale scenario all’effetto di forti spinte di populismo, allo scontento e al rifiuto della politica dei privilegiati nelle stanze del potere a Washington, da parte di larghi settori dell’opinione pubblica che pure aveva scelto Obama per due volte.

 La situazione italiana presenta problemi ovviamente diversi ma anche analogie e chiamate alle spinte forti del populismo contro la politica del governo e la politica in genere giudicata semplicisticamente determinata dai burocrati di Bruxelles e dai poteri forti. Contro l’attuale stato di crisi dell’Europa si scagliano i grillini e in modo diverso anche la Lega e i Fratelli d’Italia.

La stessa confusione sul referendum per errori gravi di tutte le parti già durante il dibattito parlamentare, rischia di provocare rifiuti più che convinzioni mature, portatrici di ulteriore precarietà ed incertezza. Sotto la spinta del sensore a vita Napolitano, Renzi ha dichiarato di riconoscere “l’errore” compiuto con la personalizzazione della campagna referendaria, il cui esito potrebbe comunque segnare il destino del presidente-segretario, perché in realtà quella personalizzazione ha solo cambiato sembianze, ma resta. Un “errore”   che alimenta inevitabilmente la sfida: “Votate No per mandare a casa Renzi”.

Peseranno però ancora di più le concrete condizioni dell’economia e dell’occupazione, delle pensioni, soprattutto lo stato privo di significativi progressi, anzi gravemente preoccupante della condizione giovanile e del lavoro delle donne specie al sud. Mentre il paese è sempre più longevo e con un sempre minor numero di nati. Si aggiunga lo stato di grave difficoltà dell’Europa e delle sue istituzioni che non offrono certo elementi rassicuranti e scontati sulla sacrosanta battaglia per la flessibilità.

C’è infine il grande pasticcio delle banche (a cominciare dal Monte dei Paschi di Siena) e del salvataggio delle quattro banche con in testa l’Etruria, vicina alla ministra delle Riforme. La situazione non è per nulla rassicurante e non basteranno le “garanzie” del ministro Padoan a dare coraggio e trasparenza ad elettori smarriti e seriamente preoccupati.

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