OSSERVATORIO AMERICANO/La carta di Trump contro “l’immigrazione a catena” contrastata dai genitori di Melania

di DOMENICO MACERI* – Ne porti uno dentro e poi ne arrivano altri trentadue”. Con queste parole Donald Trump condannava la legge americana sull’immigrazione, che lui chiama “chain migration” (migrazione a catena), che infatti consiste nei ricongiungimenti familiari. Questa definizione del 45esimo presidente è stata però classificata come “immorale” da Michael Wildes, l’avvocato di Viktor e Amalija Knavs, genitori di Melania Trump, il quale li ha assistiti nella vertenza giudiziaria per divenire cittadini americani. La first lady li aveva “sponsorizzati” in base alla  legge che permette ai cittadini americani di inoltrare l’atto di richiamo per i familiari più stretti, definiti come genitori, coniugi,  e figli minorenni. Questa categoria di familiari non è soggetta a quote annuali o liste di attesa. Per altri membri della famiglia esistono invece liste di attesa che a volte durano anni e anni. Sono esclusi dalla legge sul ricongiungimento familiare i nonni, gli zii e i cugini.

Come si ricorderà, Trump ha iniziato la sua campagna presidenziale nel 2015 attaccando gli immigrati irregolari accusandoli di essere criminali. Da presidente, ha continuato con un’aspra politica  anti-immigranti che è sfociata persino nell’interpretazione estremista delle leggi fino ad arrivare alla separazione delle famiglie richiedenti asilo. Dopo una bufera mediatica  con video di bambini in gabbie che piangevano disperatamente, Trump ha dovuto fare marcia indietro. Un giudice di San Diego ha ordinato che le famiglie richiedenti asilo vengano riunite e il governo ci sta lavorando anche se il compito rimane ancora incompiuto.

Adesso il 45esimo presidente ha dato segnali che vuole andare oltre, colpendo anche gli immigrati legali. La Casa Bianca ha in preparazione una procedura per cambiare le regole sull’acquisizione della cittadinanza che potrebbe avere un impatto su circa 20 milioni di individui. Trump intende squalificare per la cittadinanza chiunque abbia ricevuto assistenza governativa. Includerebbe persino contributi ricevuti per ottenere l’assicurazione con Obamacare e l’ assistenza sanitaria che i bambini poveri avranno potuto ottenere mediante il programma CHIP (Children’s Health Insurance Program). Si calcola che 8 milioni di bambini che fanno parte del CHIP hanno almeno un genitore immigrante, potenzialmente bloccandogli le porte della cittadinanza. In effetti, la nuova procedura scoraggerebbe gli immigrati legali dall’usare servizi governativi indispensabili.

Rendere difficile l’acquisizione della cittadinanza si riallaccia al concetto che gli immigrati regolari devono avere risorse personali per mantenersi. In caso contrario questi immigrati legali entrano nell’immaginario di destra come riceventi  di welfare. Si tratta di un mito, ovviamente, perché gli immigrati, regolari o irregolari, lavorano e danno il loro contributo all’economia americana.

Ma il nocciolo della questione è proprio l’interpretazione politica dell’immigrazione, regolare o irregolare,  che per la destra è vista negativamente. Trump, con la sua mano dura, crede di potere stabilire una campagna politica sull’immigrazione per dominare l’elezione di midterm  che avverrà entro poco meno di tre mesi. Stephen Miller, il consigliere di ultra destra di Trump, “architetto” di questa politica anti-immigranti, ha già spiegato che per uscire vincitori a novembre i repubblicani devono collegare le elezioni al problema  immigrazione. Miller intende creare uno scenario in cui Trump e i repubblicani sono dipinti come difensori del paese con le loro idee dure sugli immigrati. Dall’altro lato Miller attribuirebbe una falsa visione dei democratici come desiderosi di frontiere aperte e favorevoli al crimine, apportato dagli stranieri.

In effetti, Miller vuole sposare l’idea dell’immigrazione clandestina come criminalità con l’immigrazione  legale,  suggerendo che tutti gli immigrati siano degli scrocconi. Né Trump né Miller sembrano considerare i contributi dati dagli immigrati, dimenticando anche che gli Stati Uniti sono di fatto un paese di immigrati, fatta eccezione per le popolazioni indigene e gli afro-americani.

I sondaggi, però, non danno ragione alla Casa Bianca e alla sua linea anti-immigranti. La maggioranza degli americani è contraria alla costruzione del muro al confine col Messico e si oppone anche alla separazione delle famiglie richiedenti asilo. Gli elettori che interessano al presidente però la vedono diversamente. La stragrande maggioranza degli elettori repubblicani è favorevole alla costruzione del muro e vorrebbe spendere a questo scopo i 25 miliardi necessari. Una spesa enorme, che però non bloccherebbe completamente tutti gli ingressi anche perché il 40 per cento degli immigrati irregolari viene in America in aereo con visti temporanei e vi rimane dopo la scadenza dei permessi.

I numeri però importano poco perché i sondaggi non tengono conto del 50 per cento degli americani che non si reca a votare, assenteismo che spesso raggiunge il 60 per cento nelle elezioni di midterm. Si tratta dunque principalmente di mantenere compatta la base dei seguaci di Trump, che vede l’immigrazione con occhi negativi specialmente perché in grande maggioranza è formata da gente povera, classificata da Trump come proveniente da “s…hole countries” (paesi di merda).

Gli immigrati, infatti, spaventano, facendo rimpiangere i “bei tempi” desiderati da Trump, riflessi nel suo slogan di “Make America Great Again”. Laura  Ingraham, conduttrice di un programma alla Fox News, lo ha confermato recentemente quando ha parlato dei cambiamenti demografici. Dopo avere lodato l’operato di Trump, la Ingraham ha addossato all’immigrazione legale e illegale la colpa di  avere creato una nuova e irriconoscibile America.

Ingraham ha ragione che l’America sta cambiando e si calcola che fra una ventina di anni i bianchi non saranno più la maggioranza. La Ingraham vede questo cambiamento “imposto” dal di fuori, riflettendo la paura che i bianchi stiano perdendo i loro diritti. Trump, come altri politici in Europa, ha cinicamente usato questa paura degli immigrati per i suoi vantaggi politici e si capisce perché vuole continuare su questa linea per le elezioni di midterm. I sondaggi  però dovrebbero preoccuparlo. Le probabilità sono favorevoli a una riconquista della Camera da parte dei democratici e forse anche del Senato.

La paura degli immigrati, regolari o irregolari, come campagna politica ha i suoi limiti. Alla fine, però, se i democratici avranno la meglio a novembre non si tratterà solo di una vittoria sulla paura ma anche sull’energia che Trump genera nelle convinzioni dei suoi avversari politici.

*Domenico Maceri è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com).

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