OSSERVATORIO AMERICANO/ Funziona poco il “fact-checking” dei conduttori tv nei faccia a faccia sulle presidenziali

Domenico Maceridi DOMENICO MACERI* – “Non credo che il mio lavoro consista nel far parte di una squadra di verità”. Con queste parole Chris Wallace della Fox News rispondeva a una domanda del suo collega Howard Kurtz del programma MediaBuzz che gli chiedeva cosa farebbe se un politico dicesse menzogne. Wallace ha continuato spiegando che lui si attenderebbe che l’avversario del politico bugiardo  facesse notare le menzogne. Per Wallace, il suo compito di giornalista mediatico consiste solamente nel fare le domande e lasciare ad altri il compito del fact-checking.

Wallace sarà il conduttore del terzo dibattito presidenziale fra Donald Trump e Hillary Clinton il 19 ottobre (Lester Holt, Nbc è stato incaricato per il primo dibattito, mentre Martha Raddatz, Abc e Anderson Cooper, Cnn, condurranno il secondo, e Elaine Quijano, Cbs, sarà la conduttrice del dibattito vice presidenziale fra Mike Pence e Tim Kaine).
La dichiarazione di “obiettività” di Wallace era necessaria data la richiesta di David Brock, fondatore di Media Matters, di escludere il giornalista della Fox News dal dibattito per conflitto di interessi. Brock nella sua lettera aveva spiegato che Wallace è legato a Roger Ailes, suo ex capo alla Fox News, il quale agisce da consulente per Donald Trump nella sua preparazione ai dibattiti. E va ricordato che Ailes è stato licenziato dalla Fox News per le accuse di molestie sessuali alla presentatrice Gretchen Carlson, ma continua ad essere consulente alla 21° Century Fox di proprietà di Rupert Murdoch. Nonostante il possibile conflitto di interessi, la Commissione dei Dibattiti Presidenziali ha respinto la richiesta di Brock.
La dichiarazione di Wallace che lui non giudica la sincerità dei politici intervistati non riflette completamente il suo operato perché in realtà lo ha già fatto cinque mesi fa in un dibattito per le primarie repubblicane. Usando slides ed altri strumenti visivi Wallace ha dimostrato che le cifre di Trump sui suoi presunti risparmi delle spese governative erano  fasulle. Wallace però in parecchie altre situazioni ha consentito a Trump di dire quello che voleva senza cercare di dimostrare che il candidato repubblicano aveva effermato cose non vere.
La questione del fact-checking dei candidati è venuta a galla anche recentemente nel forum  sulla difesa nazionale all’Intrepid Sea-Air-Space Museum di New York, dove ambedue, Trump e Hillary Clinton, sono stati intervistati separatamente per trenta minuti. Il conduttore Matt Lauer della Nbc è stato criticato aspramente per il suo atteggiamento  sfavorevole alla Clinton e per non avere fatto notare che Trump si era dichiarato favorevole e poi contrario alla guerra in Iraq: in un’altra intervista  del 2002, concessa al giornalista radiofonico Howard Stern, Trump aveva dichiarato di essere favorevole alla guerra. Lauer non ha contestato la diversità di queste due posizioni. Lauer ha però cercato di rifarsi con il piano di Trump sulla guerra all’sis. Pressando  il magnate di New York sul suo piano segreto Lauer ha spinto il candidato repubblicano a chiarire il ruolo dei generali e del loro piano per sconfiggere i terroristi. Trump è stato costretto ad ammettere che bisognerà vedere quale dei due piani sarà più efficace dando la chiara impressione di non avere nessun piano. Ciononostante un rappresentante della Nbc ha etichettato la serata del conduttore come “disastrosa”.
Il forum e la prestazione di Lauer hanno intensificato la pressione sui media perché si confrontino con i candidati sfidandoli ad ammettere l’errore in caso di asserzioni fasulle nei dibattiti presidenziali. Il compito dei conduttori è sempre stato poco facile ma con  Trump  e le sue asserzioni poco credibili i telespettatori hanno diritto a giornalisti che non solo fanno cronaca ma che giudichino queste possibili menzogne in diretta. Aspettare che i diversi gruppi di fact-checking controllino dopo i dibattiti serve a poco perché il giorno dopo nessuno presta più attenzione a ciò che si è detto e si è contestato. L’impatto immediato però può essere indispensabile specialmente per Trump, il quale, secondo PolitiFact, è il campione assoluto di menzogne con il 70 per cento rispeto al 28 per cento di Hillary. I conduttori dei dibattiti avranno dunque bisogno di assistenza dai loro produttori per assicurarsi che ambedue candidati dicano la verità.
Per Trump sarà più difficile farla franca con le sue sparate perché i dibattiti durano 90 minuti e Hillary Clinton farà attenzione  se i conduttori non faranno il loro dovere. Lo ha fatto nel recente Forum chiarendo le diverse posizioni di Trump sulla guerra in Iraq, facendo in effetti ciò che avrebbe dovuto fare Lauer.
Non dovrebbe essere così. Come ha detto Matthew Yglesias di Vox News, “non è buona idea che i giornalisti lascino i politici di farla franca con menzogne eclatanti, specialmente nel caso di Trump, le cui menzogne sono largamente prevedibili”.

*Domenico Maceri è docente di lingue all’Allan Hancock College, Santa Maria, California  (dmaceri@gmail.com)

Commenta per primo

Lascia un commento