IMPRESE SPORTIVE/ L’Atletico di Simeone come il Leicester di Ranieri? Intanto, Madrid capitale del calcio: finalissima di Champions col derby tra Real e “Colchoneros”. Il “Cholo” a caccia della rivincita sulle “Merengues”

Simone-Ranieri1di Raffaele Ciccarelli*/

Due sono gli argomenti al centro dell’attenzione mediatica e degli sportivi in queste ore: la vittoria del Leicester di Claudio Ranieri in Premier League e la conquista della finale di Champions League da parte dell’Atletico Madrid. I “Colchoneros” a Milano il 28 maggio prossimo se la vedranno ancora una volta (e nel breve giro di due anni) contro i cugini del Real Madrid. Nel 2014 furono i “Blancos” a trionfare alzando, con Carlo Ancelotti in panchina, la storica “Decima”. A San Siro pertanto quest’anno si tratterà di una vera e propria rivincita per Simeone. Intanto, la Capitale spagnola con Atletico e Real sorpassa Milano, cioè Milan e Inter, con 17 presenze a 16 nella finale per club più prestigiosa del mondo. Ricordiamo che il Real Madrid si è qualificato per la finalissima battendo 1-0 al Bernabeu il Manchester City con un guizzo del ritrovato Bale favorito però da una deviazione di Fernando (all’andata all’Etihad Stadium era finita 0-0 tra “Merengues” e “Citizens”).

“Cholismo” e “ranierismo”. Molti sono stati i parallelismi fatti nel tentativo di accomunare queste due imprese sportive, in realtà a ben vedere i punti di contatto ci sembrano pochi. Infatti, senza timore di smentita, il vero capolavoro è stato quello di Ranieri, che ha preso un club da sempre (132 anni) ai confini dell’impero calcistico britannico, cementando un gruppo di giocatori semisconosciuti e portandolo in vetta al loro Paradiso calcistico. Meno roboante ci sembra l’impresa di Diego Simeone, almeno rispetto alla finale conquistata due anni fa, di cui è rimasto il nucleo centrale dei giocatori, in un club che comunque era stato già vincente nella sua storia. Quello su cui vogliamo soffermare il nostro pensiero critico è sulla filosofia di gioco espressa da queste due compagini, con quella spagnola che sta addirittura passando alla storia come “cholismo”, ma a cui si può ben contrapporre il “ranierismo”. Facciamo una premessa: a differenza degli integralisti dell’estetica calcistica, ritengo che nel calcio il bello debba essere funzionale alla vittoria per non restare fine a se stesso, ma anche per non tradire lo spirito del gioco stesso, la cui finalità, nei suoi tratti più essenziali è quella di due squadre che si contrappongono e cercano di prevalere una sull’altra.

La mission di ogni allenatore. Non apprezzo l’integralismo estetico perché, in certe situazioni estremamente esasperate, annulla l’intelligenza: se ho giocatori tecnicamente inferiori al mio avversario, che senso ha affrontarlo con le sue stesse armi, magari sul terreno strategico a lui più congeniale dove lui è di gran lunga migliore, condannandomi, in pratica, ad una sconfitta certa? È giusto, invece, e nel pieno spirito del gioco, affrontare il proprio avversario studiandolo e trovando le contromisure ai suoi punti forti, cercando di sfruttare i punti deboli che può offrire. Questa è, in pratica, l’essenza del mestiere di allenatore, ma per seguire questa via si possono imboccare due strade, quello che hanno fatto Ranieri e Simeone.

“Foxes” e “Colchoneros”. Il nostro Claudio, consapevole dei limiti della sua squadra nei confronti di corazzate calcistiche rispondenti al nome di Manchester, City e United, Arsenal, Chelsea, Liverpool, Tottenham, ha impostato i suoi sulla grande attenzione difensiva e sulla ricerca di fulminanti verticalizzazioni a sfruttare la prolificità di James Vardy e l’estro di Riyad Mahrez. Il “Cholo” Simeone, forte degli insegnamenti acquisiti in Italia da giocatore, ha in pratica sfruttato gli stessi principi di Ranieri, ma esasperandoli all’estremo. Per Simeone e i suoi “Colcheneros” giocare contro Real Madrid o Barcellona, oppure contro l’ultima in classifica, la gara è sempre vista come una piccola guerra da vincere a qualsiasi costo e con qualsiasi mezzo, l’avversario è il nemico non da vincere, ma da abbattere. Ecco allora tutta una serie di trucchetti e di scorrettezze che, il più delle volte, finiscono per innervosire i loro avversari, che cadono nella trappola e fatalmente sono puniti. Inoltre, Simeone dispone di un organico importante, con i vari Godin, Keko, Torres, Griezmann, tale che non necessariamente, nella maggior parte delle partite che disputa, deve scegliere una tattica difensivistica e ostruzionistica.

Dubbi sui peana per Simeone. Quello che lascia perplesso è proprio l’esaltazione di questo “cholismo” da parte di tutti: la Storia è però piena delle critiche portate alla Nazionale italiana o all’Inter euromondiale di Helenio Herrera, o ancora alla Juventus di Giovanni Trapattoni, in generale alle squadre di Fabio Capello, che portano l’etichetta di catenacciare ma che entrano nel novero di quello che abbiamo definito “ranierismo”. Ma alla fine, cosa è il gioco dell’Atletico Madrid se non catenaccio puro? Distinguerei, quindi, l’intelligenza difensiva basata sulla forza dei propri elementi che ha portato alla vittoria del Leicester, includendo, oltre alle squadre appena citate, la Nazionale della Grecia campione d’Europa nel 2004, tanto vilipesa quanto forse esempio più recente avvicinabile all’impresa inglese, da quello che fa l’Atletico, non sempre corretto e in linea con lo spirito del gioco, etichettabile come catenaccio duro e puro, in tutto identico alle rissose vittorie delle squadre sudamericane argentine e uruguayane.

*Storico del calcio

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