Il suicidio del generale Guido Conti legato alla tragedia dell’hotel Rigopiano: lo ha scritto in una lettera ai familiari

 

Una lettera scritta prima di togliersi la vita ha svelato il motivo del suicidio del generale dei carabinieri forestali in congedo Guido Conti, trovato privo di vita nella sua auto nelle campagne di Pacentro (L’Aquila) due giorni faAll’origine del gesto c’è la tragedia dell’hotel Rigopiano, sul Gran Sasso, che il 18 gennaio scorso fu sepolto da una valanga sotto la quale persero la vita 29 persone.

“Da quando è accaduta la tragedia di Rigopiano la mia vita è cambiata. Quelle vittime mi pesano come un macigno. Perché tra i tanti atti ci sono anche prescrizioni a mia firma. Non per l’albergo, di cui non so nulla, ma per l’edificazione del centro benessere. Vivo con cruccio”, aveva scritto Conti in una delle due lettere ai familiari, del cui testo si è saputo solo oggi. “Stupisce – ha scritto ancora Conti ai familiari – che questa correlazione sia stata da taluno ipotizzata in assenza di qualsiasi collegamento diretto e indiretto. Tutto ciò aggiunge dolore al dolore”.

Cinquantotto  anni, noto per aver guidato l’inchiesta sulla mega discarica dei veleni di Bussi (Pescara),  Conti aveva lasciato da poco l’Arma e lo scorso ottobre aveva assunto un incarico di prestigio all’interno di una multinazionale nel settore petrolifero. Una carriera intensa e prestigiosa caratterizzata da una serie di inchieste scottanti condotte a tutto campo, da quella sulla discarica dei veleni del Polo chimico di Bussi (Pe) a quelle relative a traffici di rifiuti e al terremoto in Abruzzo. Non si sapeva, invece, del ruolo che aveva avuto nella concessione di una autorizzazione per la realizzazione del centro benessere dell’hotel “Rigopiano”. Cosa che lo tormentava forse ben al dilà della influenza che quella pratica aveva avuto nella tragedia di 11 mesi fa. Infatti in quella zona dell’albergo non vi erano state vittime.

Il generale lo scorso anno aveva indirizzato una lettera anche all’allora premier Matteo Renzi, protestando per l’accorpamento del corpo forestale con i Carabinieri: “Lo scioglimento di una istituzione benemerita bisecolare e carica solo di dignità, abnegazione ed efficienza. Mio padre, anche lui forestale, è morto due volte – si legge nella lettera pubblicata su Facebook – Assieme a lui decine di migliaia di uomini che nella nostra missione hanno creduto e credono. E questo non posso permetterlo. Senza battermi fino in fondo”.

Il suicidio è avvenuto il 17 novembre, quando l’uomo è uscito di casa verso le 9:30 del mattino, salutando la moglie. Si è poi fermato davanti a una tabaccheria, dove ha comprato fogli, buste delle lettere e francobolli. Nella strada verso Morrone ha parcheggiato la macchina in una piazzola e si è sparato alla tempia con la pistola d’ordinanza. A trovare il cadavere sono stati due suoi ex colleghi della Guardia Forestale. Sulla sua morte è stata aperta un’inchiesta, coordinata dal sostituto procurato Aura Scarsella. La macchina è stata posta sotto sequestro, assieme alla pistola e alle lettere.

La camera ardente (foto) è stata allestita nella sala delle udienze del tribunale di Sulmona. Domani, lunedì 20 novembre, i funerali alla presenza dei vertici dei Carabinieri che lo hanno ricordato con commozione nella Virgo Fidelis Abruzzo e Molise.

Altra tragedia in provincia di Taranto. Un carabiniere di 53 anni ha ucciso a colpi di pistola la sorella, il cognato e il padre. Poi ha rivolto l’arma contro se stesso e si è sparato: ora è ora in fin di vita. E’ successo a Sava (Taranto), in via Giulio Cesare. Il carabiniere è in servizio al reparto radiomobile di Manduria. Al momento non si conosce il movente della tragedia.

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