E’ morto l’astrofisico Stephen Hawking. Dall’età di 21 anni soffriva di sclerosi laterale amiotrofica

L’astrofisico di fama mondiale Stephen Hawking è morto all’età di 76 anni. La notizia è stata data da un portavoce della sua famiglia. Hawking è morto nella sua abitazione a Cambridge. “Siamo profondamente addolorati nell’annunciare che nostro padre è morto – affermano Lucy, Robert e Tim, i figli di Hawking -. E’ stato un grande scienziato e un uomo straordinario il cui lavoro continuerà a vivere per anni. Il suo coraggio e la sua perseveranza, insieme al suo brillante humor, hanno ispirato molti nel mondo”. Hawking soffriva di sclerosi laterale amiotrofica che lo ha costretto sulla sedia a rotelle per la maggior parte della sua vita da adulto: la malattia gli era stata  diagnosticata all’età di 21 anni.

L’uomo delle stelle che non si arrese mai

Matematico, cosmologo, fisico e geniale astrofisico, Stephen Hawking  non ha mai permesso alla malattia che aveva devastato il suo corpo di colpire anche la sua mente, sempre alla ricerca di risposte a domande sull’esistenza umana. Hawking aveva solo 21 anni quando i medici gli comunicarono che gli restavano appena due anni di vita. Ma l’astrofisico non si è mai arreso, ha sempre mantenuto in attività la mente, tanto da diventare, negli anni, uno dei pochi pazienti al mondo affetti da questa malattia a vivere così a lungo.

Costretto all’immobilità dagli anni Ottanta, Hawking era costretto dalla patologia a comunicare con un sintetizzatore vocale. Grazie alla sua immagine pubblica, mediata dalle numerose apparizioni in documentari e trasmissioni televisive, divenne una delle icone popolari della scienza moderna. Nato a Oxford l’8 gennaio 1942, l’astrofisico ha sempre saputo che da grande sarebbe diventato uno scienziato. “Il mio obiettivo è semplice – disse una volta – voglio sapere da dove viene l’universo, come e perché è iniziato e come andrà a finire“.

 A scuola, la sua grande passione per la matematica gli valse il soprannome di ‘Einstein‘ tra i compagni di classe. “Non ero bravo nei giochi con la palla – raccontò – e facevo disperare gli insegnanti con la mia calligrafia”. Nel 1959 Hawking vinse una borsa di studio per l‘Università di Oxford e tre anni dopo approdò a Cambridge per studiare cosmologia. Nel 1963 gli venne diagnosticata una malattia degenerativa dei motoneuroni, che comprometteva la funzione di governo della contrazione muscolare.

Hawking iniziò così a usare un bastone, quindi passò alla sedia a rotelle. Nonostante la depressione seguita alla diagnosi, che ufficialmente gli lasciava solo due anni di vita, proseguì brillantemente gli studi. Già malato, nel 1965 sposò la sua prima moglie, Jane Wilde, che gli farà da infermiera e dalla quale avrà tre figli: Robert, Lucy e Tim. Sebbene si sentisse “un po’ scioccato” dalla malattia, nella sua autobiografia ‘Breve storia della mia vita‘, Hawking rivelò di non essersi mai sentito dispiaciuto per se stesso. Pensava spesso a un bambino che, nel letto d’ospedale di fronte a lui, stava morendo di leucemia.

A 32 anni, Hawking venne nominato alla Royal Society, l’istituzione accademica più prestigiosa del Regno Unito e tra il 1965 e il 1970 elabora alcune teorie che spiegano l’evoluzione dell’universo. Nel 1970 prosegue gli studi sui buchi neri e si occupò anche di divulgazione, con la stesura di quello che diventerà il suo best seller, ‘Dal big bang ai buchi neri. Breve storia del tempo‘, pubblicato nel 1988. Nel 1979 viene nominato titolare della cattedra lucasiana di matematica a Cambridge, la stessa di Isaac Newton.

Hawking è stato uno dei più grandi esperti mondiali di gravità e buchi neri. Sua la sorprendente scoperta che, in certe condizioni, i buchi neri possono emettere particelle subatomiche. Una radiazione che ha preso poi il suo nome. “Anche se il mio studio lo spiega – scrisse Hawking – quando scoprii perché i buchi neri emettono radiazioni termiche fu una vera sorpresa: la prima cosa che pensai fu che avevo commesso un errore”. Nel saggio del 2010 ‘Il grande disegno‘, Hawking sostenne che le teorie scientifiche sono in grado di dare conto della struttura dell’universo. “Considero il cervello come un computer – scrisse nel volume – che smetterà di funzionare solo quando i suoi componenti si guasteranno. Non c’è paradiso né aldilà per i computer rotti. È una fiaba per persone che hanno paura del buio”.

Oltre ai numerosi lavori scientifici, Hawking è stato uno dei pochi scienziati a raggiungere la fama mondiale, divulgando argomenti come la cosmologia, la fisica e la meccanica quantistica. Vera icona della scienza, oltre ad essere entrato a far parte della cultura di massa, il fisico è apparso in numerose serie televisive, come ‘The Big Bang Theory’ e ‘Star Trek‘, ‘I Simpson‘ e ‘Futurama‘.

Nel 2014 gli venne dedicata la pellicola ‘La teoria del tutto‘, diretta da James Marsh, e basata sulla sua vita. Per la sua interpretazione, l’attore Eddie Redmayne vinse l’Oscar come migliore attore protagonista. Nonostante sia stato insignito di moltissimi riconoscimenti, tra cui un premio OBE (Order of the British Empire) assegnato dalla regina Elisabetta II nel 1982, Hawking ma non ha mai vinto l’ambito premio Nobel.

Nella sua autobiografia, Hawking, che di solito evitava di parlare della sua vita privata, rivelò quanto sua moglie Jane fosse depressa a causa dello stress di prendersi cura di lui e della paura che sarebbe morto. Con la sua tacita approvazione, alla fine degli anni ’80, Jane iniziò una relazione con un musicista, mentre Hawkings si innamorò di una delle sue infermiere, Elaine Mason. Dopo 25 anni di matrimonio, Stephen e Jane si separarono. Hawking sposò Elaine nel 1995. Ma anche questa relazione finì 12 anni più tardi con il divorzio.

Negli ultimi anni la salute di Hawking cominciò a peggiorare. Troppo malato per assistere alle celebrazioni del suo 70° compleanno all’Università di Cambridge, Hawking riuscì comunque a far piangere gli ospiti quando fu letta una versione registrata della sua conferenza. “Siate curiosi e difficili come è la vita, c’è sempre qualcosa che potete fare. – disse – L’importante è non arrendersi mai”.

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