BALLOTTAGGI. Ora Renzi dovrebbe imitare il D’Alema di 17 anni fa: dimettersi (da segretario del Pd)

di NUCCIO FAVA – Ascoltando i dati alla tv pare evidente che il vero vincitore è l’astensione, a livello sempre più preoccupante per la vita democratica e per la democrazia. Altrettanto evidente sul piano politico, pur senza ignorare il carattere amministrativo del voto, lo sconfitto senza appello è il segretario del Pd che non ha superato i problemi di autorevolezza e di credibilità emersi inequivocabilmente con il referendum costituzionale e con gli eventi che l’hanno seguito: l’uscita di Bersani, il governo Gentiloni, le forzature per il congresso e le primarie. Ricordo bene la sconfitta di Massimo D’Alema, l’odiato nemico, alle regionali del 2000 e la sua saggia decisione di lasciare palazzo Chigi.

Questa volta il rifiuto della politica dell’ex premier è ancora maggiore, più generalizzato e non può che rappresentare una sconfitta clamorosa, di cui dovrebbe trarre le conseguenze. Insomma dal 4 dicembre in poi Renzi ha sempre perso e la sua figura non è migliorata nell’immagine dei cittadini con la vicenda delle banche e di Consip per stare alle questioni principali sul tappeto affrontate con superficialità e arroganza dal riconfermato segretario. Per quanto riguarda le banche l’avvio a soluzione delle popolari di Vicenza, anche se abbastanza oneroso, alleggerisce timori e tensioni tra i risparmiatori, i piccoli investitori e il sistema produttivo di un territorio cruciale per la vita dell’intero paese.

Resta però acuta la domanda sul funzionamento di tutto il nostro sistema bancario al nord come al sud e dei criteri di disinvolto favoritismo e di mancanza adeguata di controlli e di prevenzione che possano mettere stabilmente al sicuro i cittadini, l’economia e l’intero sistema produttivo al riparo da danni gravi che tra l’altro mettono a repentaglio la nostra credibilità internazionale e i rapporti con l’Europa. Della grave crisi della politica, confermata dalla generale mancanza di fiducia che spinge i cittadini a non recarsi alle urne, sarebbe indispensabile fare una generale operazione di trasparenza e di assunzione di responsabilità: controlli e vigilanza dove erano? Il governo ignorava lo stato delle banche dal Monte dei Paschi all’Etruria alle banche vicentine? Non è una colpa grave, specie per le distorsioni che provoca nel mercato e nelle legittime attese dei clienti grandi e piccoli? E infine quale spazio al rapporto importante con i sindacati nella delicata questione dei cosiddetti esuberi?

Quello bancario è un settore rilevantissimo per tutta la vita economica e sociale e la politica non può compiacersi di averlo alla meno peggio risolto, con le ammirevoli e candide parole del ministro Padoan o dei graziosi ringraziamenti del presidente del Consiglio al suo collaboratore all’economia e finanza. Si può in effetti sperare in un atteggiamento più comprensivo dell’Europa e della stessa Merkel, ma i costi e gli aggravi per l’Italia non saranno lievi. Nella conferenza stampa Padoan e Gentiloni non hanno fatto del trionfalismo e i loro volti esprimevano meglio delle parole la serietà della situazione. Al centro e in periferia, nella assegnazione del credito, delle motivazioni politiche ed elettoralistiche che condizionano la destinazione del denaro agli amici e agli amici degli amici: al nord come al sud della penisola. Un problema grave storicamente non nuovo, ben presente dall’inizio del Rinascimento e della potenza della famiglia dei Medici.

L’ex presidente del Consiglio dovrebbe ben saperlo e le dolorose vicende non esemplari di banca Etruria e della stessa Consip ne sono testimonianza preoccupante. I concittadini del paese dell’alta Tuscia, dove mi sono rifugiato per scappare dall’afa romana, non votavano, avevano però forse ben più ragione ad essere preoccupati del salvataggio delle banche che dei ballottaggi; ma poi la domanda finale era: è vero che può vincere ancora di nuovo Berlusconi? Si è vero. E lo scopriamo a notte fonda dagli speciali dei vari tg.

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