A RUOTA LIBERA/ Rubrica (n. 188) di LUCIO DE SANCTIS/ L’impennata dall’e-mobility: i numeri dell’Italia e degli altri paesi per le auto elettriche/ Come aumentano (ma meno di prima) i premi delle assicurazioni

di LUCIO DE SANCTIS – 

Con la crescita dell’e-mobility sarà

rivoluzione nel settore dei trasporti

Nei primi 6 mesi del 2018 in Italia sono state immatricolate tante auto elettriche quasi quante se ne erano immatricolate in tutto il 2017. Anche se i numeri sono ancora piccoli, sono circa 4.000 i veicoli immatricolati nello scorso semestre, soprattutto se paragonati a quelli di altri paesi europei, le potenzialità di crescita del settore sono davvero interessanti. A livello globale alla fine del 2018 sono previste quasi 2 milioni di nuove auto elettriche. Queste le cifre globali contenute nell’eMobility Report realizzato dall’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano e divulgato a cura dell’ingegnere Martino Bonalumi. Qui di seguito vi proponiamo i principali dettagli del rapporto.

L’impennata dello scorso anno – Nel 2017 sono stati venduti nel mondo complessivamente quasi 1,2 milioni di auto elettriche il 57% in più rispetto al 2016 (quando sono state vendute poco più di 750.000 unità). La crescita è ancora più accentuata se paragonata al 2015, anno in cui complessivamente sono state vendute 537.000 auto elettriche. Nel mese di dicembre 2017 si è registrato il record di 170.000 auto vendute, raggiungendo il 2% sul totale delle immatricolazioni del mese. Ci si aspetta che tale trend positivo si confermi per il 2018, alla fine del quale ci si può aspettare quasi 2 milioni di nuove auto elettriche sul mercato.

La Cina sta doppiando l’Europa – La Cina è il più grande mercato mondiale, con circa 580.000 auto vendute e un +72% rispetto all’anno precedente, ormai doppiando l’Europa, che si conferma il secondo mercato, con quasi 290.000 unità vendute (+39%). Seguono gli Stati Uniti con 200.000 (+27%). Interessante notare la crescita del Giappone, che con 56.000 veicoli venduti registra un +155% rispetto al 2016 confermandosi quarto mercato mondiale, ma quello maggiormente «dinamico».

Norvegia prima nell’UE – Il primo mercato europeo è senza dubbio la Norvegia con 62.000 veicoli venduti (terzo Paese per immatricolazioni dopo Cina e Stati Uniti), ma con un impressionante 39% sul totale delle vendite di auto all’interno del Paese, che lo rende di gran lunga primo in questa «graduatoria». Il secondo mercato europeo è stato la Germania, con quasi 55.000 immatricolazioni, più del doppio del 2016 (+117%), sorpassando la Gran Bretagna, ferma a circa 47.000 (+27%) e la Francia (37.000 e +26%).

Questi primi quattro paesi raccolgono il 70% del totale in Europa.
L’Italia è ancora indietro in questa classifica ed ha pesato nel 2017 per meno del 2% nel mercato europeo dei veicoli elettrici, a fronte del 13% del totale delle immatricolazioni. Pur tuttavia è un mercato che ha dato forti segnali di crescita nel 2017 e nel 2018 e che merita l’attenzione e l’approfondimento di analisi che gli è dedicato in questo Rapporto.

I numeri dell’Italia – La dimensione del mercato italiano è come già visto ridotta, se comparata con il mercato globale e con quello europeo. Nel 2017 sono state vendute 4.827 auto elettriche, che corrisponde all’incirca una percentuale dello 0,24% del totale.
Questo porta il totale delle auto elettriche circolanti in Italia al termine del 2017 a poco meno di 13.000 unità.
Va sottolineata tuttavia la crescita «relativa» delle immatricolazioni. Delle 4.827 auto elettriche, 1.964 sono «full-electric», in aumento di quasi il 40% rispetto al 2016. Le restanti 2.863 sono invece auto “plug in” (con la possibilità di ricarica associata ad un motore tradizionale), 2,5 volte rispetto alle immatricolazioni del 2016 e superando per la prima volta le BEV.

Nella prima metà del 2018, sono state immatricolate 4.129 auto elettriche, +89% rispetto allo stesso periodo del 2017 ed un numero paragonabile all’intero anno appena trascorso.
Questo grande incremento, per certi versi inaspettato, ha portato anche a lunghe attese per l’ottenimento di un veicolo, con diverse case automobilistiche che non si aspettavano un exploit di queste dimensioni.

Incentivi a livello locale – In Italia, dopo la fine degli incentivi statali diretti per l’acquisto di veicoli elettrici (in vigore nel 2013 e 2014 e che prevedevano incentivi diretti all’acquisto fino a 5.000 €), le uniche misure di sostegno rimaste sono decise a livello locale.
Queste di solito non prevedono incentivi diretti all’acquisto, quanto piuttosto una riduzione dei costi di circolazione dei veicoli elettrici, quali per esempio la riduzione o la totale esenzione del pagamento del bollo o l’accesso gratuito alle ZTL e la possibilità di parcheggiare nelle aree di sosta a pagamento.

Vi sono anche dei casi di incentivi diretti, che sono però molto più sporadici. La Provincia Autonoma di Trento mette a disposizione un incentivo diretto all’acquisto pari a 4.000 € nel caso di acquisto di PHEV e a 6.000 € per un BEV. Il Friuli Venezia Giulia garantisce un contributo tra i 4.000 € e i 5.000 € nel caso l’acquisto di un veicolo elettrico (BEV o PHEV) avvenga in concomitanza con la rottamazione di un veicolo a benzina Euro 0 o 1 o Diesel compreso tra Euro 0 ed Euro 3.

Divieti per le auto “sporche” – Un’altra tipologia di provvedimento, che non va ad incentivare l’auto elettrica quanto a disincentivare le altre alimentazioni (ad oggi principalmente il diesel), è il divieto di circolazione di veicoli ad alimentazione tradizionale all’interno delle aree urbane. Solitamente questo provvedimento riguarda solamente i veicoli maggiormente inquinanti (inferiori allo standard di emissioni Euro 3) ed è preso a livello di singolo comune, senza che vi siano direttive a livello statale. Alcuni paesi invece hanno già annunciato dei provvedimenti per vietare la vendita di qualunque veicolo alimentato a diesel a partire da un certo anno (in Francia e UK dal 2040, in India dal 2030, in Norvegia addirittura dal 2025).

In Norvegia “chi inquina paga” – Gli altri Paesi europei più rilevanti in termini di immatricolazioni di veicoli elettrici, quali Germania, Francia e Regno Unito, applicano degli schemi incentivanti che prevedono sia incentivi diretti che indiretti. In Norvegia invece, il paese di gran lunga più avanzato per quanto riguarda la mobilità elettrica, è in vigore una normativa particolare per incentivare l’acquisto di auto elettriche. Oltre ad incentivi diretti e indiretti, è stato anche applicato il principio «polluter pays». Questo principio non è tanto un incentivo all’acquisto di veicoli elettrici, quando un disincentivo all’acquisto di veicoli tradizionali, seguendo l’idea, appunto, che «chi inquina paga». Questo si traduce in imposte annuali di circolazione maggiori per veicoli più inquinanti: chi possiede vetture con maggiori emissioni «paga» anche per chi invece possiede un veicolo a basse emissioni, riducendo (o addirittura azzerando) il costo per lo Stato e allo stesso tempo favorendo l’acquisto di un veicolo elettrico. Tramite questo meccanismo, e con una politica lungimirante per quanto riguarda le infrastrutture di ricarica (il Governo ha posto l’obiettivo di avere 2 stazioni di ricarica ogni 50 km su ogni strada principale entro il 2017), la Norvegia sta guidando la transizione verso la mobilità elettrica, ponendosi come un modello da seguire a livello globale.

I nostri problemi di ricarica – In Italia si possono stimare a fine 2017 circa 2.750 punti di ricarica pubblici a norma, dei quali il 16% (443) sono high power. Questo numero non è riferito alle colonnine: ad ogni colonnina corrispondono in media poco più di 2 punti di ricarica, ovvero un numero di colonnine pari a circa 1.300.
I punti di ricarica pubblici sono complessivamente cresciuti nel corso dell’ultimo anno di circa 750 unità. Questo ha dato seguito alla crescita degli ultimi anni, invertendo drasticamente un trend che invece aveva lasciato sostanzialmente costanti i punti di ricarica dal 2012 al 2014.

Un sistema sbilanciato – L’infrastruttura di ricarica oggi esistente è molto sbilanciata per quanto riguarda la distribuzione geografica: si evidenzia una carenza importante nel Sud, mentre Centro e Nord si dimostrano più avanti (ma con differenze che raggiungono anche livelli importanti tra Regione e Regione).
Bisogna inoltre considerare una più marcata differenza per quanto riguarda l’infrastruttura di ricarica in DC. Questa infatti, che ad oggi è pari circa a 1/10 dei punti di ricarica complessivi, è così distribuita: Nord: 63%, Centro: 28%, Sud e Isole: 9%.

La differenza con gli altri 3 maggiori paesi europei per il mercato dell’auto è evidente: l’Italia ha un numero di punti di ricarica pubblici compreso tra il 10% e il 20% degli altri paesi, il che riflette bene anche l’andamento del mercato degl elettrici.
La percentuale di quelli high power è in linea con una media del 15-20% per i Paesi più «evoluti» nella transizione elettrica ma, come detto, su numeri «assoluti» molto inferiori.

Prevale l’ambito urbano – Vi è una netta prevalenza di installazioni in ambito urbano (50%), su strada o in parcheggi pubblici, anche per via della maggiore diffusione dei veicoli in queste aree. Anche i «punti d’interesse» sono ben rappresentati, con il 45% circa di punti di ricarica sul totale. Una percentuale inferiore spetta infine ai punti di ricarica in ambito extra-urbano (5%): queste solitamente compensano la minore diffusione con una maggiore velocità di ricarica.

Il premio RC auto  aumenta ma più lentamente di prima

Il premio medio dell’RC auto in Italia continua ad aumentare, seppur a ritmi più contenuti rispetto al passato. A rilevare i rincari è stato l’osservatorio di Facile.it secondo cui, ad agosto 2018, per assicurare un’auto servivano mediamente 582,71 euro, ovvero lo 0,90% in più rispetto ad un anno fa. Il valore è stato calcolato analizzando oltre 6,8 milioni di preventivi raccolti dal comparatore negli ultimi 12 mesi e le quotazioni offerte da un panel di compagnie rappresentanti, in base alla raccolta premi, circa il 54% del mercato RCA italiano. Leggendo nel dettaglio i risultati emerge però un andamento piuttosto differenziato a livello regionale; se è vero che i rincari hanno riguardato gli automobilisti di 13 regioni italiane, è altrettanto vero che nelle altre 7 le tariffe sono diminuite.

La classifica dei rincari… – A guidare la classifica dei rincari c’è il Friuli Venezia Giulia, che nel corso dei 12 mesi ha visto crescere del 6,12% il premio medio RC auto; gli automobilisti della regione possono però consolarsi perché, nonostante gli aumenti, il costo medio registrato ad agosto per assicurare un’automobile in FVG (433,60 euro) rimane tra i più bassi d’Italia.

Segue nella classifica degli aumenti la Campania, dove la tariffa RC auto è salita del 4,68%; gli automobilisti campani continuano a pagare il premio medio più alto della Penisola, che ormai da mesi ha superato la soglia psicologica dei 1.000 euro stabilizzandosi, ad agosto 2018, a 1.036,20 euro, vale a dire quasi il 78% in più rispetto alla media nazionale.

Terzo posto per il Trentino Alto Adige, con un aumento delle tariffe pari al 4,56%, ma anche in questo caso il premio medio registrato ad agosto 2018, 434,85 euro, risulta essere tra i più bassi del Paese.

… e quella delle diminuzioni – Sette le regioni italiane che, invece, ad agosto 2018 hanno registrato un calo delle tariffe su base annuale. Guida la classifica la Valle d’Aosta, dove il premio medio, pari a 371,95 euro, è diminuito dell’8,23%, confermando la regione come l’area dello Stivale dove assicurare un’auto costa meno.

Segue nella graduatoria l’Umbria, dove la tariffa media è diminuita del 6,17%, stabilizzandosi a 531,42 euro, mentre al terzo posto si posiziona la Calabria; nella regione, però, nonostante il calo del 2,17% rispetto a 12 mesi fa, le tariffe continuano a restare molto elevate, con un premio medio che ad agosto 2018 è stato pari a 674,37 euro, secondo solo a quello della Campania.

Le garanzie accessorie – Guardando alle scelte degli automobilisti in materia di garanzie accessorie, ancora una volta l’assistenza stradale, inserita nel 44,8% dei preventivi, si conferma come la preferita dagli italiani. Il valore risulta in aumento di 2,5 punti percentuali rispetto a 12 mesi fa, crescita che non sorprende se si considera che il parco auto italiano continua ad invecchiare; ad agosto 2018 l’età media dei veicoli era pari a 10 anni e 2 mesi, 3 mesi in più rispetto a quella registrata nell’agosto 2017. Interessante notare, inoltre, come la percentuale di automobilisti che inserisce l’assistenza stradale nel preventivo vari notevolmente a seconda della regione, con punte di oltre 7 automobilisti su 10 in alcune aree del Sud Italia come la Campania, la Calabria, la Puglia e la Sicilia.

Ed ecco la tabella con i dati nazionali e regionali relativi ai premi medi RC auto e relative variazioni semestrali ed annuali.

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