Alfano, l’ambasciatore in Egitto e il caso Regeni

di GIOVANNI PEREZ –  Con una faccia tosta che ricorda quella degli specialisti del gioco delle tre carte davanti alla stazione ferroviaria di Napoli, il ministro degli Esteri Angelino Alfano ha ribadito, davanti al Parlamento, che la decisione di inviare nuovamente al Cairo un ambasciatore era motivata dalla convinzione che una simile presenza agevolerebbe la soluzione del caso Regeni, il giovane ricercatore italiano massacrato di botte dagli scherani di El-Sisi. Un fatto che tutta Italia sa, tranne, a quanto pare, Alfano. Il politico siciliano, infatti, nella sua “dotta” disquisizione si è dimenticato di illustrare ai colleghi quali siano i contenuti dei fantomatici documenti inviati dal Cairo alla magistratura italiana, documenti che, come aveva precisato Alfano, avrebbero dovuto chiarire dei “particolare importanti” sull’omicidio di Regeni: motivo, questo, che giustificherebbe l’invio nuovamente al Cairo di un nostro ambasciatore.
 A questo punto resta da chiedersi come Alfano possa  aver ricoperto nel tempo diversi incarichi di governo: da ministro della Giustizia a ministro degli Interni fino a quello degli Esteri. Renzi non aveva nulla di meglio da scegliere o era ridotto peggio di Berlusconi, lasciando in eredità a Gentiloni la patata bollente. A proposito dell’affidabilità di Alfano, la si sta constatando anche in occasione delle prossime elezioni amministrative in Sicilia: persino Berlusconi ha rinnegato il ritorno di Alfano tra le sue file nonostante la sua spasmodica ricerca di alleati che lo riportino sulla scena.
Tornando ad Alfano, alla base della decisione di sfidare l’indignazione dell’opinione pubblica italiana sul caso Regeni, potrebbe ipotizzarsi una motivazione poco nobile: quella di ingraziarsi l’Eni, che fa grandi affari con El-Sisi per via dei giacimenti di gas naturale scoperti nel Mediterraneo di fonte alle coste egiziane: non si sa mai come vadano le cose e quindi avere in prospettiva un posto sicuro di vertice nell’Eni potrebbe far comodo. Gli italiani stiano tranquilli e continuino pure a far rifornimento nelle aree  con il simbolo del cane a sei zampe: tanto, che importa la terribile fine che è toccata al povero Regeni?

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