TIRO AL BERSAGLIO DA FUOCO AMICO

di ENNIO SIMEONE/

L’ultima vicenda siciliana – qualcosa che sta a cavallo tra il fosco e il losco, una tragicommedia politico-giudiziaria che ha visto irrompere sulla scena e contendersi spazio in passerella, per poi rapidamente sparire, squallidi personaggi locali e insospettabili protagonisti della vita nazionale – è penosamente esemplare della deriva verso la quale ci sta trascinando una politica costruita sempre più sull’imbroglio e sulla spregiudicata manipolazione della realtà.

Gli interpreti e le battute variano, ma il copione sembra essere sempre lo stesso, ovunque venga messo in scena. Che differenza c’è, infatti, tra il tiro al bersaglio di cui è stato oggetto, per un’ipotetica, forse addirittura inesistente, e comunque lacunosa intercettazione, il presidente della Regione Sicilia, Rosario Crocetta, dal tiro al bersaglio cui viene sottoposto quotidianamente il sindaco di Roma, Ignazio Marino, o dal tiro al bersaglio riservato in passato al sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, o dal tiro al bersaglio che ha avuto nel mirino il neoeletto presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca?

E potremmo continuare con altri esempi, meno noti su scala nazionale. Che hanno – fateci caso –  un comune denominatore: sono personaggi, tutti, con una personalità connotata da spiccata autonomia politica e operativa, e tutti – chi più chi meno – colpiti o sotto la mira di “fuoco amico”, con munizioni fornite dal palazzo del Nazareno. È da qui che partono, via twitter,  i messaggi cifrati – nello stile #enricostaisereno – quando il grido “al gufo! al gufo!” non basta ad allontanare il fantasma della impopolarità. E allora scatta l’arma segreta, l’arma di “distrazione di massa”. Che consiste nel dare in pasto all’opinione pubblica un capro espiatorio, un colpevole sul quale è facile dirottare le ire della gente. E chi meglio di un sindaco o di un presidente di Regione, inevitabilmente in difficoltà e magari anche in odore di eresia, può servire alla bisogna? Nei meandri delle nostre inchieste giudiziarie senza fine c’è sempre qualche intercettazione da raccattare. Per deplorarla sdegnosamente, con spirito garantista, o per usarla spregiudicatamente, con foga moralizzatrice. Secondo convenienza.

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