PERISCOPIO/ Dalla prateria della Mongolia alle asperità italiane

Nuccio-Fava-545x384di NUCCIO FAVA – Sogno e realtà si mescolano talvolta in modo mirabile, senza che razionalmente se ne colga il senso e il mistero. Ho sognato l’altra notte una splendida passeggiata a cavallo in Mongolia ospite in una fattoria statale con un freddo polare, dove ho smarrito la giovane guida per mia imperizia. L’estensione della tundra ghiacciata era impressionante, una pianura isenza confini. Ho temuto di perdermi. Ben presto sono stato recuperato dalla giovane guida e accompagnato con un suv di tipo sovietico in albergo ad Ulan Bator , capitale della Mongolia. Sebbene nella piazza principale campeggiasse ancora una grande statua di Stalin era sempre Gengis Khan dopo tanti secoli il mito nazionale, fondatore della grandezza dell’orgoglio dei mongoli, per l’importanza assunta nella storia asiatica, medio orientale ed europea a cavallo del 1200. Non ho avuto modo – e me ne rammarico – di approfondire quegli eventi che potrebbero aiutarci addirittura a capire paradossalmente la violenza gratuita e distruttrice dei tifosi del Galatasaray.

Chissà come mai il mio sogno si è spostato all’improvviso sulle ”imprese“ del nostro presidente-segretario, reduce dal trionfo sulle unioni civili. Tralasciando lo squallore di non pochi passaggi, alla fine Renzi-Gengis Khan ha portato a casa il risultato alleando a sé non solo un “capitano di ventura” come Verdini ma favorendo il ministro Alfano e la sua non nascosta volontà di intestarsi una vittoria e in un modo che tanto ha fatto soffrire la senatrice Cirinnà. Il segretario-presidente, pur attraverso abili manovre e concessioni disinvolte, non ha mancato di assegnarsi il merito della vittoria finale. Con una formula intrigante forse di dubbio gusto, insieme all’attitudine a percorrere con disinvoltura praterie lontane ma che possono venire ricondotte ad un pascolo comune.

Lo faceva già secoli fa Gengis Khan con le sue mire espansionistiche verso la Cina, la Russia, l’attuale Medio oriente e l’Europa. In modo analogo il premier segretario può sviluppare la sua iniziativa sperimentando incursioni al centro e a destra dell’elettorato. Una marcia già avviata, che non è però una semplice passeggiata di facile conquista. Richiede in ogni caso abilità e capacità non comuni, soprattutto riguardo al ruolo in Europa. La visita del presidente Junker – ben oltre le incomprensioni e le polemiche del recente passato – può rappresentare un’occasione importante per ritessere la tela comune di una Europa che deve sapere affrontare la tragedia epocale delle emigrazioni. Problema immenso sul quale tutti i paesi europei e la Turchia giocano il loro futuro. Questo sì un grande atto di solidarietà umana e di civiltà, un grande atto d’amore.

Nuccio Fava

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