Alfano stampella di Renzi anche in Sicilia

di GIOVANNI PEREZ – Come era scontato, alla fine Renzi è ricorso ancora una volta ad Alfano. Inutili sono state le esortazioni della sinistra Pd perché rinunciasse a quello che definiscono un abbraccio mortale con l’anima di destra, mascherata di centrismo.  Un politico conosciuto soprattutto come il re delle gaffe se non delle bugie (ricordiamo il caso delle due kazake rispedite dai suoi uomini “a sua insaputa” nelle mani di quel dittatore, e ricordiamo ancora il caso Regeni, con la indecorosa marcia indietro rimandando al Cairo un nostro ambasciatore ”per aiutare quella magistratura a far luce sull’omicidio del povero giovane”. Un politico inaffidabile tanto da essere stato rifiutato persino dal suo precedente padrone, Berlusconi, al quale aveva offerto i suoi servigi. Evidentemente Silvio preferisce affondare che cedere al canto della sirena Alfano.

Renzi non vuole capire che quella alleanza spuria con Alfano potrebbe costargli la sconfitta dei candidati Ds alle prossime elezioni siciliane. Un’ipotesi che potrebbe avverarsi a meno che i “poteri occulti” (mica poi  tanto occulti) che ancora regolano la vita dell’isola, non decidano che in fondo Alfano “non è poi così male” e che con i suoi uomini, eletti con l’appoggio dei Ds, un accordo è sempre possibile.

Staremo a vedere. Sono in molti ad essere convinti di un flop dei Ds anche se Renzi sta facendo il diavolo a quattro con i dirigenti Rai per apparire ogni giorno in Tv, comparsate anche a costo che i telespettatori si accorgano che non sarebbe il caso. Sommando tutti questi fattori negativi e guardando al passato, una ulteriore sconfitta alle elezioni siciliane, con una emorragia di voti per i “suoi” candidati, probabilmente non inciderebbe più di tanto sulla protervia di Renzi. Sempre in maniche di camicia, la sua uniforme di ordinanza, accuserebbe gli elettori “che non capiscono niente”  per essersi lasciati influenzare dai “traditori interni” del suo stesso partito che mirano a sfilargli la poltrona di segretario, posto che invece , secondo lui, gli spetta di diritto come “unto del Signore”. Una analogia inquietante, contro la quale è bene fare gli scongiuri.

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