Putin in soccorso di Trump dopo che la Camera ha votato per l’impeachment peri presidente. E in Senato la procedura si allunga

Trump e Putin nel 2017 durante il 25° summit di Cooperazione economica svoltosi il 10 Novembre del 2017 in Vietnam

Un Donald Trump furibondo per il voto di ieri note della Camera dei Rappresentanti (a maggioranza democratica) a favore dell’impeachment del presidente per l’Ucrainagate, trova un insperato aiuto in Vladimir Putin, ritenuto dall’intelligence Usa e dal rapport Mueller se non altro l’ispiratore delle interferenze russe a suo favore nelle presidenziali Usa del 2016. Il leader del Cremlino infatti ha apertamente sposato la teoria esposta da Donald nella conferenza stampa di fine anno, secondo cui  è solo la continuazione di una lotta politica interna. Cioè il partito che ha perso le elezioni presidenziali, quello democratico, ha tentato di ottenere risultati attraverso altri mezzi, accusando Trump di collusione con la Russia, ma poi si è scoperto che non era vero e non poteva essere la base di un impeachment.

Ma i repubblicani hanno la maggioranza nel Senato degli Stati Uniti e quindi è  estremamente difficile che si uniformino all’impeachment deliberato dalla Camera e destituiscano un rappresentante del loro partito “per motivi – ha detto platealmente Putin, che sembrano assolutamente inventati”. Ma questo intervento a gamba tesa nella politica interna americana – che Putin raramente si concede e che alimenta i sospetti di un asse non disinteressato con The Donald – quanto gioverà all’inquilino della CasaBianca? Molto poco. D’altronde un nuovo scontro tra i due partiti sarà un grosso ostacolo sulla strada di un processo lampo in Senato, atteso per la seconda settimana di gennaio. Subito dopo il voto di ieri, la speaker della Camera, Nancy Pelosi, ha avvisato che non trasmetterà i due articoli d’impeachment finché il Senato non definirà le regole di un giusto processo. La mossa, ribadita oggi, rischia di far slittare il giudizio e di tenere Trump sulla graticola più a lungo.

I dem vogliono che siano acquisiti nuovi documenti e sentiti almeno quattro testimoni finora bloccati dalla Casa Bianca, tra cui l’ex consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton e il capo dello staff presidenziale Mick Mulvaney. E chiedono garanzie di correttezza, dopo che il leader dei repubblicani al Senato, Mitch McConnel,l è andato alla Casa Bianca per coordinare le strategie e ha affermato che non sarà un giudice imparziale, come il collega Lindsey Graham. Ma per ora McConnell ha respinto ogni istanza, accusando in aula i dem di aver istruito l’impeachment “più frettoloso, meno accurato e più ingiusto della storia”.

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