di DOMENICO MACERI* – “Abbiamo contrastato l’immigrazione illegale e abbiamo vietato le città santuario…. e abbiamo persino spedito immigrati illegali” ad altri luoghi liberal. Così si è espresso Ron DeSantis, il governatore della Florida, in un recente incontro con elettori in Iowa, che sarà il primo Stato a tenere le primarie per la nomination repubblicana.
La questione dell’immigrazione era stata sfruttata da Donald Trump quando iniziò la sua campagna presidenziale nel 2015. L’allora tycoon accusò il Messico di inviare gli elementi peggiori agli Stati Uniti. Anche dopo la sua elezione nel 2016 (e nei suoi quattro anni di presidenza) Trump continuò con mano durissima contro gli immigrati. DeSantis adesso sta cercando di sfidare l’ex presidente, spingendosi anche oltre.
Il mese scorso la legislatura e il senato del Sunshine State hanno approvato la più severa legge anti-migranti del Paese. L’immigrazione è legalmente una questione federale ma gli Stati hanno una certa libertà di approvare leggi purché non infrangano quelle federali. Sfruttando la super maggioranza in ambedue le Camere Statali, DeSantis ha firmato SB 1718 che include una serie di misure preoccupanti per i migranti dello Stato. Richiede che i datori di lavoro con più di 25 dipendenti controllino lo status migratorio mediante un sistema federale chiamato E-Verify. Non è obbligatorio a livello nazionale, poiché ci sono altri metodi più efficaci, e non è raro che questo sistema dia risultati erronei, impedendo a persone con residenza legale di ottenere lavoro. La nuova legge dichiara illegali in Florida le patenti automobilistiche concesse da altri Stati che non richiedono prova di residenza legale. Revoca una legge del 2014 che permetteva ad avvocati senza residenza legale di esercitare la loro professione. Vieta l’uso di fondi pubblici per concedere carte di identità per uso locale.
Superficialmente la legge potrebbe sembrare accettabile ma ovviamente non la verifica di eleggibilità al lavoro poiché esclude le piccole imprese, le quali potranno continuare ad assumere persone senza il diritto di residenza legale. Ciò ovviamente crea alcuni squilibri poiché offre a queste piccole aziende vantaggi sulla loro concorrenza che segue la lettera della legge.
Gli effetti della legge anti-migranti colpiscono direttamente gli elementi più deboli della società. Ad iniziare dalla paura per questo gruppo di persone già in costante tensione di essere deportate da un momento all’altro. Aumenta i sospetti delle autorità come le forze dell’ordine, viste dai migranti come possibili agenti di immigrazione. Ciononostante la stragrande maggioranza dei poliziotti locali e statali non compiono lavoro di immigrazione e cercano di stabilire rapporti di fiducia con i migranti senza documenti legali per incoraggiarli a riportare reati e servire da testimoni senza temere di essere riportati ai loro paesi di origine. La paura aumenta anche non solo con il fattore del trasporto ma anche con la sanità. Gli ospedali e il personale medico non richiedono informazione di residenza legale dei loro pazienti ma questa legge aumenterà il sospetto di firmare documenti di qualunque tipo anche quando si tratta di accedere alle risorse mediche indispensabili.
La nuova legge avrà anche un impatto negativo su tutte le aziende per la carenza di manodopera. Al momento la disoccupazione in America si aggira sul 3,5 percento ma in Florida è al 2,6 percento. I datori di lavoro hanno dunque difficoltà a trovare impiegati. La stragrande maggioranza dei migranti lavora nel settore dell’ospitalità e in agricoltura. Queste due industrie dipendono enormemente dai migranti. Un’indagine del Florida Public Institute, gruppo non partisan, ha avvertito che la perdita di migranti potrebbe ridurre l’economia in Florida di 12 miliardi di dollari annuali. Si calcola che il 6 per cento della manodopera della Florida non ha documenti di residenza legale. Nell’agricoltura 300 dei 500 mila lavoratori non hanno documenti legali e si teme che prodotti come frutta e verdura potrebbero marcire sui campi.
La legge stanzia anche 12 milioni di fondi per trasferire individui senza documenti fuori dello Stato. In questa luce DeSantis si è già distinto con possibili guai legali. Javier Salazar, sceriffo di Bexar County in Texas, ha annunciato un’indagine contro DeSantis accusandolo di avere trasportato illegalmente 49 migranti dal Texas. Questi individui sono stati depositati a Martha’s Vineyard, nel Massachusetts, luogo di villeggiatura dei progressisti ricchi di New York e Boston. DeSantis non ha imparato la lezione e proprio in questi giorni è stato accusato da leader politici della California di avere fatto trasportare due gruppi di migranti dal Texas a Sacramento, capitale del Golden State. Anche in questo caso indagini giudiziarie potrebbero emergere adesso che la Florida Division of Emergency Management ha confermato la sua responsabilità. Il procuratore generale della California, Rob Bonta, ha dichiarato che questi individui sono stati ingannati con promesse di lavoro e poi trasportati nel Golden State. Il governatore della California, Gavin Newsom ha anche lui mostrato preoccupazione, suggerendo che si potrebbe trattare di un reato di sequestro di persone.
Al di là della legge anti-migranti DeSantis è riuscito a farne approvare altre che limitano i diritti degli afro-americani, i latinos, gli insegnanti, e anche i gay. Nel caso di quest’ultimo gruppo il governatore è inciampato persino su Disneyworld eliminando il distretto fiscale di cui godeva il parco giochi da parecchi decenni. In campagna elettorale DeSantis ha promesso di fare nella nazione ciò che ha fatto in Florida. Tuttavia la sua strada è in salita. In primo luogo perché dovrebbe prima superare lo scoglio di Trump per conquistarsi la nomination del Partito. In secondo luogo perché con il suo estremismo e mancanza di carisma Joe Biden con ogni probabilità lo sconfiggerebbe. E nel remotissimo caso che dovesse conquistare la Casa Bianca avrebbe anche bisogno delle stesse super maggioranze alla Camera e al Senato per oscurare l’America come ha fatto nel suo Stato.
*Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.
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