Ben 43 misure cautelari sono state disposte dalla Procura della Repubblica di Roma a conclusione di una indagine sulla ramificazione nella capitale di una organizzazione risalente alla ‘ndrangheta, versione calabrese della mafia, i cui interessi erano i più vari: dalla pasticceria alla raccolta degli olii esausti; dal mercato ittico alle panetterie e al ritiro delle pelli. Sono solo alcuni dei settori nei quali una “cellula” della ‘ndrangheta si era ramificataa a Roma, e sulla quale ha indagato la Dia capitolina (foto) su delega della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma in collaborazione con la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria.
Alcuni dei 43 indagati devono rispondere di associazione per delinquere di stampo mafioso. Molte le perquisizioni e i sequestri. Le indagini hanno scoperto legami con l’associazione di ‘ndrangheta legata alla cosca Alvaro-Penna di Sinopoli.
A capo della struttura c’erano – secondo gli investigatori – Antonio Carzo e Vincenzo Alvaro, entrambi appartenenti a storiche famiglie di ‘ndrangheta originarie di Casoleto, in provincia di Reggio Calabria.
Dalle indagini è emerso che fino al 2015 a Roma non c’era la “cellula” della ‘ndrangheta, ma operavano vari soggetti legati ad altre famiglie. La svolta sarebbe avvenuta durante l’estate quando Antonio Carzo avrebbe ricevuto, dall’organo collegiale al vertice dell’organizzazione unitaria, “la Provincia e Crimine”, l’autorizzazione per costituire una struttura locale che doveva operare nel cuore di Roma secondo le tradizioni di ‘ndrangheta, cioè riti, linguaggi, tipologia di reati tipici della terra d’origine.
Da quel momento la “cellula” romana si è infiltrata in gran parte dei settori economici della capitale che comprendono anche locali, bar, ristoranti, supermercati e nel riciclaggio di ingenti somme di denaro. Tra le accuse anche cessione e detenzione di droga, estorsione e fittizia intestazione di beni.
Altro aspetto di questo sodalizio tra la cosca Alvaro-Penna e la “cellula” romana erano gli incontri “estremamente riservati”. I capi si incontravano di persona raramente e solo in occasione di eventi particolari, come matrimoni o funerali. Incontri brevi ma, stando alle indagini, risolutivi. In caso di estrema urgenza, i boss gli appuntamenti venivano concordati attraverso “messaggeri”.
Nel filone calabrese il sindaco di Cosoleto, Comune di Reggio Calabria, Antonino Gioffrè è stato arrestato. Gioffré è accusato di scambio elettorale politico-mafioso. In sostanza avrebbe favorito l’assunzione di un altro soggetto indagato Il suo nome compare nell’elenco dei 34 soggetti raggiunti da un’ordinanza di custodia emessa dal gip su richiesta della DDA reggina. L’indagine è collegata a quella della DDA di Roma. 29 persone sono finite in carcere e 5 ai domiciliari.
Commenta per primo