L’ArcelorMittal mette in casa integrazione 3500 lavoratori dell’Ilva di Taranto dopo il no della magistratura di Taranto alla proroga della chiusura dell’Altoforno2

L’ArcelorMittal ha deciso (e ne ha dato comunicazione ai sindacati) di mettere in cassa integrazione 3500 lavoratori dopo che la magistratura di Taranto ha respinto la richiesta, dei commissari dell’Ilva in amministrazione straordinaria, di proroga per la chiusura dell’Altoforno2 (foto) rispetto alla data fissata del 13 dicembre. Lo ha annunciato la Fim Cisl Taranto-Brindisi, precisando che “nelle 3.500 unità sono compresi 1.273 che sarebbero stati collocati in Cigo”.

I commissari straordinari dell’Ilva stanno valutando il ricorso al Tribunale dell’appello contro la decisione del giudice Francesco Maccagnano.

L’impianto fu sequestrato nel giugno del 2015 dopo l’incidente sul lavoro costato la cita all’operaio Alessandro Morricella, investito da una fiammata mista a ghisa incandescente mentre misurava la temperatura del foro di colata dell’Altoforno 2.

Fim, Fiom e Uilm hanno rigettato la comunicazione di ArcelorMittal sull’avvio della cassa integrazione straordinaria per 3500 lavoratori affermando in una nota: «Già da domani, in occasione dell’incontro ministeriale, chiederemo con forza di fare chiarezza su una procedura di cassa integrazione che, di fatto, sostituirebbe l’attuale Cigo per crisi congiunturale con la Cigs facendolo diventare un problema di carattere strutturale”. “È giunto il momento – aggiungono – da parte del governo e di Ilva in Amministrazione straordinaria, al momento unici proprietari dello stabilimento siderurgico, di fare chiarezza sul futuro ambientale, occupazionale e industriale di un sito di interesse strategico per il Paese”.

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