Carabiniere in Sardegna si uccide dopo aver testimoniato su una multa stradale non notificata a un ufficiale marito di una magistrata. La lettera di addio

L’appuntato dei carabinieri Massimo Andrea Masala, in servizio a Lunamatrona (Oristano) si è ucciso, dopo aver testimoniato, lo scorso 20 giugno, a Imperia nel processo a carico di Gianfranco Cabiddu, marito dell’ex procuratore capo della Repubblica di Imperia Giuseppa Geremia, e di David Egidi, ex comandante dei carabinieri di Imperia, accusati rispettivamente di falso e abuso d’ufficio in relazione alla vicenda della sospensione della patente di Cabiddu che per una serie di infrazioni non aveva più punti sulla patente.
Secondo quanto appreso, l’uomo ha lasciato una lettera di addio e scuse rivolti ai familiari e ai colleghi in cui fa riferimento alla vicenda giudiziaria per cui ha testimoniato. Il particolare è confermato dalla procura di Imperia.
Alla caserma di Lunamatrona, il 25 novembre del 2013 la Motorizzazione aveva inviato il provvedimento di sospensione della patente di guida di Cabiddu. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti e confermato dallo stesso Masala, il provvedimento non venne notificato. La busta che lo conteneva è rimasta a Lunamatrona fino al 12 febbraio 2014 quando venne spedita a Imperia. Masala – non indagato – avrebbe dovuto notificare il provvedimento a Cabiddu e inserire il suo nome nello Sdi, il sistema di indagine in uso alle Forze dell’ordine.
“Dovevo procedere con la notifica, ma quando ho saputo che Cabiddu sarebbe dovuto venire in Sardegna per le festività natalizie ho aspettato che arrivasse per rendere le cose più semplici. Ma quell’anno non venne. Così dopo mesi lo contattai per dirgli che gli dovevamo fare una notifica urgente, poi mandai la pratica a Imperia. Non so perché il suo nome non venne inserito nello Sdi e chi decise di non farlo” aveva detto Masala in tribunale durante la testimonianza. (ANSA).

Commenta per primo

Lascia un commento