“Liberi e Uguali”: sì, ma anche diversi

di SERGIO SIMEONE – Subito dopo l’assemblea unitaria che ha incoronato Pietro Grasso capo della coalizione di sinistra, Renzi, ospite di Vespa, ha dichiarato a botta calda: “…ma bisognerà capire chi comanderà, se Grasso o D’Alema”. È un subdolo tentativo di sminuire il valore innovativo della scelta di Grasso, ma non è da sottovalutare, perché, pur avendo una finalità smaccatamente elettorale, la battuta mette il dito su un problema reale. Che verrà fuori con forza al momento della stesura dei programmi di “Liberi e Uguali”, sui quali fin da adesso occorre dire cose chiare.

Ed infatti quale potrebbe essere, per quella coalizione, il rischio di una guida affidata a prevalente guida di personalità politiche come D’Alema e Bersani? Non vi è solo un problema di immagine, essendo i due percepiti da una parte della pubblica opinione come figure rimaste ancora in campo solo perché alla ricerca di una rivalsa nei confronti di Renzi. Questo aspetto per la verità è stato colto dai diretti interessati, che opportunamente, durante l’assemblea costituente del 3 dicembre, si sono seduti in platea – D’Alema addirittura in settima fila – lasciando la scena ai giovani Fratoianni, Civati e Speranza.

Il pericolo può provenire invece dalla fase di individuazione degli obiettivi e delle modalità di conseguirli, che deve liberarsi dalle suggestioni neoliberiste del blairismo, da cui non sono rimasti esenti molti di coloro che sono usciti “da sinistra” dalle fine del Pd (ricordate le “lenzuolate” di Bersani ministro del governo Prodi?). E questo non solo e non tanto in odio al neoliberismo in sé, quanto perché la realtà nella quale ha prosperato questo pensiero politico-economico è mutata.

I mutamenti fondamentali riguardano il prevalere del capitalismo finanziario rispetto al capitalismo di produzione, il diffondersi delle innovazioni tecnologiche in ogni campo, la globalizzazione e la migrazione di milioni di persone, che, spinte da guerre e carestie, lasciano i loro Paesi e premono sui confini delle aree più ricche della Terra. Rispetto a questi mutamenti il neoliberismo non è in grado di dare risposte socialmente accettabili, neanche, e questo è il dato rilevante che ha messo in crisi tutti i partiti socialisti europei, con il correttivo socialdemocratico.

Ed allora la coalizione di sinistra deve lavorare, nel formulare il programma su tre obiettivi fondamentali:

  1. Riformare il fisco al fine di ottenere un redistribuzione della ricchezza tra i ceti, colpendo soprattutto la rendita del capitale finanziario e ridando valore e dignità al lavoro.
  2. Affrontare il problema della disoccupazione tecnologica in maniera strutturale (l’art 18 tutela il lavoro, ma se il lavoro non c ‘è? E il reddito di cittadinanza significa considerare la disoccupazione tecnologica un dato immodificabile rispetto alla quale si può offrire solo un sussidio).
  3. Approntare un progetto per affrontare il problema dei migranti intervenendo in maniera umana e razionale su tutta la filiera: stop alla vendita delle armi, aiuto ai Paesi poveri, regolamentazione dei flussi, integrazione di quelli che possiamo accogliere.

E l’Europa? Ma è chiaro che la nostra ambizione deve essere quella di conquistare tutta l’Europa a questi obiettivi.

Insomma, è inutile ammassarsi verso il centro facendo concorrenza ai programmi degli altri con la logica del “più uno”. C’è tutta una vasta prateria a sinistra. In Gran Bretagna Jeremy Corbin lo ha capito. Lo capirà anche Grasso?

NELLA FOTO: Grasso mostra ai telespettatori il simbolo di “Liberi e Uguali” durante l’intervista a “Che tempo che fa” su Rai 1. Da notare le tre asticelle che, attaccate alla I finale di Liberi, rendono la parola leggibile anche al femminile.

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