COVID e ALLARME DEGLI ANESTESISTI: molti negazionisti e non vaccinati rifiutano le cure (anche per questo calano le presenze nelle terapie intensive). Risolvere il conflitto di regole

Terapia intensiva (foto Ansa di Filippo Venezia)

Il presidente della Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione Terapia Intensiva (Siaarti) Antonino Giarratano (ch è anche direttore partimento Emergenza e Urgenza del Policlinico universitario di Palermo)   ha rivelato all’Ansa dei dati sconcertanti sul comportamento dei non vaccinati e dei negazionisti che vengono ricoverati negli ospedali: «Rispetto ad un anno fa – dice – è cambiato il tipo di paziente ricoverato nelle terapie intensive: 7 su 10 sono no vax,  e di questi la metà sono anche negazionisti, quindi non solo rifiutano vaccino ma negano l’esistenza del Covid e , di consguenza, l’utilità delle cure. Vi arrivano in condizioni gravissime, dopo settimane senza cure o dopo pseudo cure. E spesso, una volta ricoverati, rifiutano le procedure salva-vita. Di conseguenza, la percentuale di sopravvivenza di pazienti Covid che arrivano in terapia intensiva sta diminuendo rispetto a mesi fa. Dunque in passato solo i malati oncologici terminali rifiutavano le cure, ora le rifiutano persone che possono essere salvate. Non era mai capitato prima – prosegue Giarratano – di ricoverare in terapia intensiva soggetti che, sapendo che stavano andando in arresto cardiaco, rifiutassero ventilazione meccanica, emodialisi o circolazione extracorporea. Ora, in alcuni casi, rifiutano persino la flebo con gli zuccheri o l’ossigeno per via nasale, perché – dicono – non sanno che cosa ci sia dentro».

E la situazione è pesante da nord a sud: «Abbiamo un numero inferiore di ricoverati rispetto a un anno fa ma con un disagio più grave perché non sono diminuiti i ricoveri in terapia intensiva non covid, come quelli dovuti a incidenti stradali e sepsi. Tra l’altro si avvicina anche il picco influenzale. Un anno fa le cure scarseggiavano e bisognava capire come riuscire a curare tutti. Ora è il contrario: abbiamo le intensive piene di persone che non vogliono esser curate». L’altro lato della medaglia è una popolazione sanitaria bombardata da minacce di azioni legali e che non ce la fa più, spiega Giarratano, «perché quando hai pochi minuti per intubare o ventilare un paziente, spesso devi scegliere tra sottoporgli il consenso informato o salvargli la vita. Questo è un aspetto totalmente nuovo, che va deontologicamente e eticamente ristudiato, perché serve una rivalutazione normativa“.

A sua volta la Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione Terapia Intensiva (Siaarti)  sottolinea che insieme al rapido incremento dei ricoveri ospedalieri del nostro Paese, si registra anche quello di “casi di pazienti con quadri clinici severi correlati a Covid-19 che rifiutano il ricovero in Terapia Intensiva o di sottoporsi a trattamenti di supporto vitale giudicati utili e appropriati dai curanti. Ma, per quanto le circostanze possano essere difficili e faticose, al rifiuto ripetuto e ostinato del paziente non deve far seguito il suo “abbandono”». Come se ne esce da questo contrasto tra norme, visto che il Codice di Deontologia Medica ribadisce che “nessun trattamento sanitario può essere imposto a chicchessia, anche se il trattamento diagnostico o terapeutico proposto sia un trattamento ‘salva vita‘”?

 

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