TEATRO/ “Non aprite quella porta”: le paure di Paravidino per i vicini

© TUTTI I DIRITTI RISERVATI ©

di FEDERICO BETTA – Immerso in un leggero controluce che modula l’atmosfera colorandosi delicatamente, il nuovo lavoro di Fausto Paravidino è una specie di mistery grottesco che apre la porta sulla paura di quello che non conosciamo.

Prodotto dal Teatro Stabile di Bolzano, è in scena al Piccolo Eliseo di Roma fino al 24 aprile. Ufficio Stampa e Comunicazione Off Rome.

La struttura è semplice: una coppia di fidanzati ha un nuovo vicinato oltre il pianerottolo, un’altra coppia; dopo la prima fase di timore e curiosità i due protagonisti si aprono piano piano alla loro conoscenza e, rompendo la tranquillità nella quale si erano rintanati, scoprono forze e paure insospettate.

Lui (Fausto Paravidino, autore, regista e attore) è un giovane adulto che vive in pigiama, tutto occhiali e timidezza, pauroso della sua ombra e razionale all’ossessività; la sua compagna (Iris Fusetti) è una donna dinamica, amorevole e protettiva, con un timore nascosto che si rivela nel sogno/visione di un fantasma. I due vivono difesi dalla porta di casa nell’equilibrio spesso incomprensibile delle coppie di lunga data e, per curiosità o cortesia, alla fine si fanno travolgere dalla prorompente personalità dei vicini: una bionda fatale capace di empatizzare magicamente con chiunque (Sara Putignano) e il suo compagno (Davide Lorino), un uomo tutto d’un pezzo che modificherà l’equilibrio tra i quattro imponendo lezioni di vita con una ferocia inaudita.

L’atmosfera si tende sempre più: sonoro thriller, effetti angoscianti, scoppi di risa e ribaltamenti d’umore tengono il pubblico ancorato a una storia semplice complicata da sentimenti assopiti e brutali agnizioni. Il testo fluido gioca sul doppio registro comico/mistery e, consentendo a ogni personaggio di esprimere la sua profondità, vola alto tra un bicchiere di vino e una cena di pesce: Dio, il giudizio, la verità, la morale, Paravidino accosta ogni dialogo con la naturalezza di una chiacchierata tra amici.

La regia, tra raddoppi audio, finestre che si spalancano, fondali semitrasparenti, l’inquietante presenza del fantasma e il quadro spezzato in tre (l’anticamera della cucina, la sala e il pianerottolo), costruisce una macchina che procede verso l’improrogabile climax.

Forse proprio nella precisione, nella chiarezza, nella freddezza espositiva di quella che sembra una vera e propria tesi (“siate persone mature, agite responsabilmente e apritevi agli altri”) ho trovato il limite di questo lavoro. I caratteri dei personaggi, ironicamente intagliati come macchiette, sembrano meccanismi necessari al proprio stesso cambiamento e così ogni passo, ogni terrificante toc toc alla porta, rivela il suo potere non troppo nascosto di strumento dell’azione. Così anche il lungo ‘sermone’ del vicino di casa, esplosivo, divertente, inarrestabile e definitivo com’è chiaro, sincero e commovente l’intervento del fantasma nel finale, forse perde parte della sua potenza apparendo quasi più la parola dell’autore che un dialogo sgorgante dai sentimenti dei personaggi e dalle relazioni in gioco.

Commenta per primo

Lascia un commento